Come il vento

  • 2 anni fa
Storia di una delle prime donne direttrici di carcere, Armida Miserere, chiamata a dirigere i penitenziari più "caldi" d'Italia a contatto con i peggiori criminali, terroristi e mafiosi del nostro tempo. Una donna condannata dalla perdita del suo amato a vivere una vita al limite, in cerca, fino alla fine, di giustizia e amore nel sistema penitenziario. Armida, infatti, è una donna in prima linea e la sua carriera nell'amministrazione penitenziaria inizia a metà degli anni Ottanta. Umberto Mormile, invece, è un educatore impegnato nei primi esperimenti di teatro in carcere. Il loro amore nasce nel piccolo teatro del carcere in cui lui mette in scena i primi spettacoli con i detenuti. Ben presto, Armida e Umberto vanno a vivere insieme, circondati dall'affetto di pochi amici, sognando un figlio e un futuro insieme. Tuttavia, la posizione di educatore porta Umberto ad essere molto vicino ai detenuti, esponendolo a pressioni e tentativi di corruzione fino a quando, una mattina di aprile, poco prima della Pasqua del 1990, viene affiancato al semaforo e ucciso mentre va al lavoro. Il mondo di Armida va in pezzi, ma lei si getta a capofitto nel lavoro, trovando anche il coraggio e l'ostinazione per cercare i colpevoli dell'omicidio del suo compagno. Nel frattempo, gli spettacolari attacchi della mafia allo Stato italiano hanno inizio e Armida, che non ha più nulla da perdere, si mette in evidenza come uno dei direttori più fermi e corretti dell'amministrazione. Viene così mandata in prima linea a Pianosa, il supercarcere riaperto per sorvegliare i mafiosi più pericolosi. Unica donna in un ambiente esclusivamente maschile, Armida applica la legge senza deroghe, riceve critiche e intimidazioni, ma non si fa impaurire guadagnandosi il rispetto dei suoi uomini. Undici anni dopo la morte di Umberto, durante un maxi processo alla 'ndrangheta in Lombardia finalmente emerge la verità. Tutto corrisponde a quanto Armida aveva sempre sospettato: Umberto è stato ucciso per non essersi lasciato corrompere da un boss, anche se il fango che i pentiti gettano sulla figura dell'uomo sono insopportabili. Armida non regge il peso di un processo che scava in modo impietoso né le continue minacce alla sua persona. Sempre più delusa dall'umanità, comincia ad essere stanca e demotivata nonostante la stima che riceve sul lavoro. Fino a quando, dopo averla evocata e corteggiata in più occasioni, Armida progetta la sua morte con meticolosità.

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