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prof. Alessandro Benigni

Trascrizione
00:00:00E' il 1924 una Annaren 18enne a Marburgo segue le lezioni di Martin Heidegger, è un momento
00:00:27cruciale un amore e una svolta, un amore perché ne nasce una relazione sentimentale che poi
00:00:33si interromperà e si tramuterà in amicizie e durerà fino al 1975, anno in cui Arendt
00:00:41muore, Heidegger le sopravvive di un anno e una svolta soprattutto, una svolta perché
00:00:48con Heidegger Arendt conosce il pensare appassionato, conosce una filosofia che è passione per il
00:00:54pensiero ben diversa da quella che aveva conosciuto nel resto delle università tedesche e tuttavia
00:01:03lei dirà dopo un po' che non vuole essere chiamata una filosofa ma una pensatrice politica
00:01:10e la politica non la filosofia la sua passione e nella teoria politica Arendt scrive le sue
00:01:17pagine eccellenti. Nel 1933 la relazione con Heidegger si interrompe per le simpatie
00:01:26ambigue di Heidegger stesso per il nazismo, Arendt è ebrea e continua i suoi studi con
00:01:34Jaspers e si laurea poi con una tesi su Sant'Agostino. Tuttavia ormai la storia ha fatto eruzione nella
00:01:43vita di Arendt come di molti altri ebrei tedeschi, Arendt comincia decisamente a occuparsi
00:01:52di politica, è l'epoca che la costringe, scappa dalla Germania essendo stata privata
00:01:59della cittadinanza e per non essere perseguitata come ebrea, fugge in Francia, ma arrivano i nazisti
00:02:06anche in Francia, passa ai Pirinei, raggiunge il Portogallo e fugge in America. In America
00:02:13avrà la sua vita, sarà cittadina americana ben presto e insegnerà nelle università americane
00:02:20e in America dopo una serie di saggi nel 1951 esce quello che è il suo capolavoro politico,
00:02:29le origini del totalitarismo. L'opera viene subito riconosciuta come una opera eccezionale
00:02:38che segna non soltanto quell'epoca ma anche l'epoca attuale, rimane un classico nella storia
00:02:44del pensiero politico del Novecento. Si occupa di ciò che è successo in Europa, della grande
00:02:52tragedia, della grande catastrofe europea che nel pieno della civiltà europea, nel pieno
00:02:59del Novecento, porta i campi di sterminio, porta l'orrore. Il totalitarismo stesso è
00:03:07un vocabolo, una categoria di cui arenta la maternità e da allora fa parte del nostro
00:03:15vocabolario politico.
00:03:16Hannah Arendt nasce nel 1906 vicino a Hannover da una famiglia ebrea benistante. Studia filosofia
00:03:46e diventa allieva di Martin Heidegger a Marburgo, con il quale ha una relazione sentimentale.
00:03:53Con lui concorda una tesi sul concetto di amore in Sant'Agostino, che completerà però
00:03:58con Karl Jasper a Heidelberg, dopo essersi allontanata dal maestro e amante.
00:04:06Dal mondo cristiano passa a occuparsi di ebraismo studiando Rahel Warnhagen, un intellettuale ebrea
00:04:13vissuta a Berlino a cavallo tra Sette e Ottocento. Una donna che criticava sia la ghettizzazione
00:04:20del mondo ebraico, sia l'integrazione con il rischio della perdita di identità.
00:04:27Da questa figura, Hannah Arendt trae ispirazione per le sue future scelte di piena autonomia rispetto
00:04:34al movimento sionista, fautore della costruzione di uno stato ebraico.
00:04:38Negli anni 30, con l'ascesa del regime nazista, la filosofa si trasferisce a Parigi, per poi
00:04:47fuggire a New York nel 1941.
00:04:52Qui diviene attivista nella comunità ebraica e pubblica l'opera che la rende più famosa,
00:04:57Le origini del totalitarismo.
00:04:59Frutto di anni di lavoro e di collaborazioni con il marito, il poeta e filosofo tedesco
00:05:06Heinrich Blücher
00:05:07Nel 1961, quando si apre il processo al funzionario nazista Adolf Eichmann, Hannah Arendt si reca
00:05:17a Gerusalemme come inviata del settimanale New Yorker.
00:05:20Ne deriverà al suo celebre scritto del 1963, La banalità del male.
00:05:29Divenuta ormai cittadina americana, tiene conferenze e insegna in diverse università
00:05:34fino alla morte.
00:05:37Si spegne nel 1975, mentre si dedicava a terminare la sua ultima opera, La vita della mente.
00:05:50I regimi totalitari per Arendt sono il nazismo e lo stalinismo, ma in questo volume, che è
00:06:10un volume molto copioso, si occupa soprattutto nel nazismo.
00:06:16Arendt tenta nel libro di rispondere a una domanda.
00:06:19Come è stato possibile l'orrore di Auschwitz nel pieno della civiltà europea?
00:06:26Come è stato e com'è possibile comprendere senza giustificare?
00:06:32Questo è molto importante perché Arendt non vuole che ciò che sembra ineffabile rimanga
00:06:38indicibile, non sia detto.
00:06:40Ne vuole che si faccia silenzio perché non si può comprendere un orrore così profondo,
00:06:46ne vuole che se ne perda la memoria.
00:06:48vuole comprendere questo fenomeno, apparentemente inspiegabile, ma senza giustificare.
00:06:55Perché dire che il nazismo è il prodotto di qualche fenomeno storico precedente, che
00:07:00si inscrive in maniera continuistica nella storia, significherebbe giustificare il nazismo
00:07:07e lo stalinismo e lo stalinismo, ma soprattutto l'orrore estremo di Auschwitz.
00:07:13Ora invece non è giustificabile, non è spiegabile.
00:07:17Il fenomeno è assolutamente nuovo, anzi è un abisso di novità, è qualche cosa che è
00:07:24senza precedenti, dice Arendt, e senza precedenti perché ancora non si era visto una distruzione
00:07:33dell'umano e una disumanizzazione così profonda, Arendt dice che non è questione di crudeltà
00:07:42estrema, non è questione della belva crudele degli umani, perché di questo è piena la storia,
00:07:50è invece una questione di un principio mai prima verificatosi nella storia umana che viene
00:07:59in assunto, perché se noi guardiamo al passato, dice Arendt, molti regimi politici si sono
00:08:07ispirati al principio tutto è permesso, di questo possiamo scrivere libri di storia,
00:08:14li conosciamo bene, ma ancora nessuno, dice Arendt, ha adottato il principio che viene poi
00:08:21esplicato ad Auschwitz, non che tutto è permesso perché sarebbe troppo poco, ma che tutto è
00:08:27possibile, come è stato possibile ridurre creature umane a dei sordidi automi, a delle sordide
00:08:37marionette, a questo fascio di nervi, a questo automatismo, creature né vive né morte, al limite
00:08:46fra il morire e il vivere, cadaveri viventi, cadaveri ambulanti, c'è tutta una letteratura
00:08:53su queste figure estreme del prigioniero ridotto alla sua totale disumanizzazione.
00:09:01Come è stato possibile distruggere uomini e compiere nei loro confronti un omicidio il
00:09:10cui valore per i nazisti è come lo schiacciamento di una zanzara? Per Arendt c'è stato un processo
00:09:17di identificazione, il primo passo è l'uccisione della personalità giuridica, il togliere i
00:09:25diritti, il rendere apolidi, senza diritti i cittadini tedeschi ebrei non crediti al regime,
00:09:31il secondo passo, la seconda fase è la distruzione della personalità morale, ma è il terzo
00:09:40passo che è fondamentale, l'uccisione dell'unicità, questa è una categoria molto importante per
00:09:47Arendt, perché per Arendt l'umano in quanto umano, la condizione umana, come lei dice,
00:09:53è una condizione di unicità nella pluralità, gli uomini sono una pluralità perché ogni essere
00:10:00umano è distinto, differente da tutti gli altri e ciò li rende unici appunto nella pluralità.
00:10:09Ora proprio la massificazione, la riduzione degli uomini nei campi di serminio e di concentramento
00:10:16a degli automi, proprio questo è il compimento estremo della uccisione, lei dice proprio questa
00:10:25parola, uccisione dell'unicità.
00:10:28D'altra parte il totalitarismo non è la conseguenza, l'effetto di un periodo storico precedente
00:10:57o di fenomeni storici precedenti, ma ci sono fenomeni storici che hanno favorito il terreno
00:11:04di cultura sul quale è cresciuto, anzi si è incistato il totalitarismo, l'antisemitismo,
00:11:12l'imperialismo e il colonialismo. Questo ha favorito, ha reso possibile il verificarsi
00:11:24di questo laboratorio infernale della distruzione della condizione umana. La condizione umana
00:11:32dell'unicità nella pluralità è stata mutata in una produzione, fabbricazione di esemplari
00:11:41della specie Homo, esemplari che non si danno in natura, esemplari artificiali, lei dice,
00:11:48come il cane di Pavlov. Di fronte a questo, utilizzando una frase di Kant, Arendt dice che
00:11:58ad Auschwitz si è compiuto il male radicale, il male estremo, il male assoluto. C'è tutta
00:12:07una tradizione nella quale il male, il male assoluto è l'assenza del bene o la negazione
00:12:15del bene. Con l'espressione male radicale si dà l'idea della radice e di una qualche
00:12:20profondità. Su questo appunto Arendt cambierà idea, ma dopo l'opera sul totalitarismo, Arendt
00:12:29si interroga su quello che è il risultato del libro sul totalitarismo, ossia la domanda
00:12:36rimasta in evasa. Nostro compito, dopo questa catastrofe della civiltà europea, nostro compito
00:12:46è ripensare l'umano, ripensare l'umano per ripensare la politica, ossia ripensare la
00:12:53politica fondandola su quello che si può chiamare l'ontologia, cosa vuol dire essere
00:12:59umano, qual è questa condizione. E infatti di questo parlerà nel libro seguente, che in
00:13:06inglese si intitola appunto The Human Condition, mentre in italiano è uscito con il titolo
00:13:11di Vita Activa.
00:13:12L'olocausto, nell'antichità greca e nella religione ebraica, era il sacrificio alla divinità
00:13:38in cui la vittima veniva interamente bruciata. Con questo termine, o con la parola ebraica
00:13:45Shoah, che significa tempesta devastante, viene indicato lo sterminio degli ebrei da parte
00:13:51del regime nazista nella Seconda Guerra Mondiale. Tra il 1939 e il 1945, circa 6 milioni di ebrei
00:14:02vennero sistematicamente uccisi in nome dell'ideale razzista della selezione della pura stirpe ariana.
00:14:12Al principio, il nazismo sancì l'esclusione degli ebrei dalla vita sociale ed economica.
00:14:18Nella famosa Notte dei Cristalli, tra il 9 e il 10 novembre del 1938, le sinagoge furono
00:14:25date alle fiamme e i negozi degli ebrei devastati in tutta la Germania.
00:14:34Infine, nella conferenza di Wannsee, del 1942, Hitler e i gerarchi nazisti decisero la soluzione
00:14:42finale della questione ebraica, ovvero lo sterminio.
00:14:45Gli ebrei tedeschi e quelli dei paesi occupati dalla Germania cominciarono ad essere deportati
00:14:55nei campi di concentramento, costruiti soprattutto nell'Europa orientale.
00:15:02Tristemente noti sono i nomi di Auschwitz, Dachau, Mauthausen, ma furono decine i campi
00:15:09disseminati nel cuore del continente.
00:15:10Ogni giorno, nuovi convogli portavano nei lager gruppi di ebrei, ma anche di omosessuali,
00:15:18zingari, testimoni di Geova, oppositori politici.
00:15:23I prigionieri venivano mantenuti in condizione di grave denutrizione, impiegati in lavori sfiancanti
00:15:29e mandati alla morte nelle camere a gas.
00:15:37Anche l'Italia fu complice dello sterminio.
00:15:40Nel 1938 il regime fascista aveva emanato le leggi razziali, che escludevano gli ebrei
00:15:47dalle scuole, dalle professioni, dalla vita sociale.
00:15:52La deportazione verso i campi di concentramento cominciò dopo il settembre del 1943.
00:15:59Circa 8000 ebrei italiani furono deportati ad Auschwitz e Bergen-Belsen.
00:16:05Di questi, solo uno su dieci riuscì a sopravvivere.
00:16:10La condizione umana per Arendt è un punto estremamente originale.
00:16:38Non è fondata, così come vuole la tradizione da Platone ad Heidegger, sul fatto che l'uomo
00:16:46è mortale, sulla mortalità.
00:16:48La condizione umana fondamentale non è la mortalità, ma la natalità.
00:16:54La categoria di nascita diventa la categoria centrale per Arendt, per ripensare l'umano
00:17:00e ripensare la politica.
00:17:02In una frase molto celebre di The Human Condition, di Vita Attiva, scrive
00:17:08«La natalità e non la mortalità può essere la categoria centrale del pensiero politico
00:17:14in quanto si distingue da quello metafisico».
00:17:19Com'è possibile questo?
00:17:21Perché con il nascere, dice Anna Arendt, ognuno si mostra unico ed iniziante.
00:17:29Il neonato è colui che appare per la prima volta al mondo e immediatamente esibisce la
00:17:36sua unicità, il suo essere diverso da tutti quelli che vivono, sono vissuti e vivranno
00:17:43e si mostra con altrettanta immediatezza come un nuovo inizio, un nuovo inizio che è il
00:17:50simbolo della imprevedibilità, il simbolo della sorpresa, il simbolo di ciò che farà
00:17:58il nuovo, di ciò che compirà imprese che non sono calcolabili e prevedibili.
00:18:04Quindi per Arendt la politica in quanto azione, lei la chiama la seconda nascita, la politica
00:18:11consiste nell'agire insieme, nell'interagire di uomini, di esseri umani che mostrano in
00:18:19questa interazione la loro unicità e la loro capacità di iniziativa.
00:18:27Allora ecco che la politica è proprio la seconda scena dopo la nascita.
00:18:33non ha nulla a vedere con la morte la politica, la politica è iniziativa, è interazione,
00:18:39la politica è lo spazio della politica aperto dall'azione fra più uomini e come spazio
00:18:46aperto, lei dice, è anche il teatro.
00:18:49La politica è il teatro della politica nel quale ciascuno di noi agendo, anzi interagendo
00:19:16perché non si può agire nell'isolamento, sempre interagendo di fronte agli altri, così
00:19:21come il neonato nasce ed appare agli altri, la politica è quel teatro dove interagendo
00:19:28ciascuno è allo stesso tempo attore e spettatore, vedete sono categorie proprio della storia del
00:19:35teatro. Attore perché nell'agire si mostra agli altri, è spettatore perché contemporaneamente
00:19:43è spettatore delle azioni che gli altri come attori compiono. Quindi la politica è un teatro
00:19:52interattivo che attualizza, riattualizza, rende propria nell'attualità del presente la nascita,
00:20:01ossia quello scenario natale che era appunto annuncio di novità e annuncio di iniziativa.
00:20:09Val la pena di leggere le parole stesse di Arendt che sono molto efficaci in questo senso.
00:20:16Dice Arendt, con l'azione ci inseriamo nel mondo umano e questo inserimento è come una
00:20:25seconda nascita in cui confermiamo e ci sobbarchiamo la nuda realtà della nostra apparenza fisica
00:20:33originaria. Il suo impulso, l'impulso dell'azione, scaturisce da quel cominciamento che corrisponde
00:20:41alla nostra nascita e a cui reagiamo iniziando qualcosa di nuovo di nostra iniziativa. La nascita
00:20:49in fondo è un'espulsione, la madre ci mette al mondo e quindi siamo esibiti, passivamente
00:20:56esibiti, non è la nostra scelta. L'azione invece è questa riesibizione però di nostra
00:21:03iniziativa attiva. E Arendt a proposito usa delle metafore molto suggestive e molto efficaci.
00:21:11Una metafora dice, e ve la leggo perché anche questa vale la pena di seguire la parola
00:21:18di Arendt, il corso della vita umana diretto verso la morte condurrebbe inevitabilmente ogni
00:21:25essere umano alla rovina e alla distruzione se non fosse per la facoltà di interromperlo
00:21:31e di iniziare qualcosa di nuovo. Una facoltà che è inerente all'azione e che ci ricorda in
00:21:38permanenza che gli uomini anche se devono morire non sono nati per morire ma per incominciare.
00:21:45Anna Arendt nota giustamente che dall'antichità ai giorni nostri c'è una rappresentazione della
00:21:54natura come un ciclo, il ciclo naturale, tutto ciò che ciclicamente si ripete. Elliot, grande
00:22:01poeta, ci dice aprile è il più crudele dei mesi. Perché? Perché in aprile tutto rinasce, ma tutto
00:22:09quello che rinasce è in primavera, poi è destinato a rimorire in autunno, in inverno e poi il ciclo
00:22:15ricomincia, è inesorabile. Ecco rispetto a questo ciclo, dice Arendt, la vita umana potrebbe essere
00:22:23immaginata come una linea retta, ma una linea retta anomala se è vista dalla prospettiva della
00:22:31nascita. Perché la nascita, sebbene sia un fenomeno ovviamente biologico, naturale, è straordinariamente
00:22:38una interruzione del ciclo naturale. Non perché gli uomini o chi nasce non sia poi destinato a morire,
00:22:45ma altro è dare il senso della condizione umana a partire da questa mortalità, altro invece è guardare
00:22:54al senso della vita umana dal punto di vista della natalità.
00:23:15Lo scenario non è più luttuoso, lo scenario non è più uno scenario che induce il filosofo,
00:23:26pensate a Platone, a fuggire la dimensione della mortalità per immaginarsi eterno come le idee,
00:23:35sempre presente, ciò che non muore mai, che non si interrompe mai. Questa è la grande fuga della
00:23:42metafisica che viene operata non soltanto da Platone. E invece Arendt, in contraposizione a questo,
00:23:50in contraposizione ai filosofi che si fanno pallidi per morire con la morte e entrare in un'altra dimensione,
00:23:59Arendt dice che la nostra dimensione è il mondo, la nostra dimensione è la mondanità. Non dobbiamo essere
00:24:06interessati, almeno dal punto di vista della prospettiva politica che Arendt adotta, da
00:24:12problemi di trascendenza, dall'infinito, dall'aldilà, ma questo è il nostro teatro e questo è il nostro teatro
00:24:19dove noi giochiamo la nostra felicità politica. Non stupisca questa parola, felicità politica, la troviamo
00:24:28nel primo libro della politica di Aristotele, come la troviamo nella Costituzione americana. La felicità è una
00:24:35dimensione che in genere non viene nominata dalla politologia, ma ha una sua tradizione. Per Arendt,
00:24:43come per Aristotele, il momento della politica, il momento dello zon politikon, è il momento della felicità,
00:24:52momento della massima realizzazione dell'umano in quanto umano. E qui è il grande legame fra la nascita,
00:25:00che essendo una sorpresa, il nuovo, è ovviamente sempre una felicità e la felicità dell'azione che è la
00:25:08realizzazione della nascita. Arendt dice, citando Jefferson, ogni generazione dovrebbe avere la sua
00:25:18rivoluzione e naturalmente non intende la rivoluzione in senso violento, la portata violenta della rivoluzione.
00:25:26Per Arendt, là dove c'è violenza, non c'è politica. Ma la intende invece in un altro senso,
00:25:33ossia nel senso in cui nel momento rivoluzionario, nel momento sorgivo, è possibile che insieme
00:25:41apriamo lo spazio dell'azione. Ed ecco che allora rinnoviamo la nascita e ci rendiamo felici,
00:25:49proviamo la felicità nella distinzione e la felicità sta tutta nell'attualità della cosa.
00:25:56Intendo dire, il significato dell'azione non sta in ciò che l'azione produce, ma il significato
00:26:02dell'azione sta nell'azione stessa. La perfezione dell'azione come interazione è questa felicità
00:26:09che realizza l'umano in quanto natale, in quanto l'umano. Si definisce nella natalità e non nella mortalità.
00:26:19Quando incontra Martin Heidegger, Hannah Arendt ha appena 18 anni. Lui ne ha 35, è sposato
00:26:44e ha due figli. Poco dopo il loro primo incontro, il filosofo scrive alla sua allieva che il demone
00:26:51dell'innamoramento si è impossessato di lui. Sono gli anni in cui Heidegger scrive Essere e Tempo
00:27:00e per il grande impegno sa di non potersi dedicare alla giovane. Hannah Arendt è ancora una studiosa
00:27:08in erba, ma la visione che andrà sviluppando nei decenni successivi rivelerà una grande distanza
00:27:14dalla linea del pensiero heideggeriano. Se Heidegger vede nell'essere per la morte il senso ultimo
00:27:22dell'esistenza, lo sguardo di Arendt è invece tutto proteso verso la nascita, l'evento che fonda
00:27:29l'unicità di ognuno. Secondo la filosofa, il pensiero di Heidegger porta al solipsismo, alla separazione
00:27:37dell'essere umano da tutti i suoi simili, perché la morte, la fine dell'esserci, lo isola in se stesso.
00:27:45Tutta la filosofia di Hannah Arendt sarà invece ispirata al senso dell'agire collettivo.
00:27:51La prima fase della relazione tra i due si interrompe nell'inverno tra il 1932 e il 1933.
00:28:03Si conserva una lettera di Heidegger in cui rassicura Hannah sul fatto che la loro relazione
00:28:09resterà al riparo dalle vicende politiche. È invece l'ultima lettera che si scrivono in quel
00:28:15travagliato periodo. Nel 1933 Heidegger pronuncia il famoso discorso di rettorato che rivela la sua
00:28:24vicinanza al partito nazista. Eppure Arendt riprende i rapporti con lui dopo la guerra. Ci sarà una
00:28:32seconda e poi una terza stagione della loro storia insieme, sostenuta da un'immutata stima
00:28:38reciproca. Il 12 agosto del 1975 si incontrano per l'ultima volta a Friburgo. Quattro mesi dopo
00:28:49Hannah Arendt muore di infarto a New York. Heidegger la segue poco dopo nel maggio del 1976.
00:29:08An Arendt ha un vocabolario anomalo e bisogna abituarsi. Ad esempio il termine politica per
00:29:23lei ha un significato molto diverso da quello che noi intendiamo tradizionalmente. Per la
00:29:29tradizione politica è un certo ordine, è un certo sistema di potere, è una certa organizzazione
00:29:36delle distribuzioni, del potere, una forma, un regime. Per Arendt la politica è quella
00:29:42che potremmo chiamare una performance, è sempre qualcosa di agito. La politica è un
00:29:50teatro e in questo teatro ciò che si esibisce è l'unicità. Allora capiamo i legami tra questa
00:29:58opera di filosofia politica che è The Human Condition e il libro precedente, Le origini
00:30:04del totalitarismo. Così come nel cuore del totalitarismo quello che lei chiama il mare
00:30:10radicale è l'uccisione dell'unicità, la trasformazione di uomini in automi, siano essi
00:30:17i prigionieri torturati e uccisi, siano essi gli aguzzini che si comportano con una cieca
00:30:24obbedienza come automi. Se questa caratterizza la degenerazione estrema della politica in
00:30:31Occidente con lo scenario di Auschwitz, sul teatro della politica invece abbiamo l'esibizione
00:30:38dell'unicità. Addirittura come Arendt stessa ammette l'esaltazione dell'unicità e questa
00:30:45esaltazione dell'unicità che si dà con la capacità di iniziativa di chi si esibisce
00:30:53proprio come unico e insostituibile, tutto questo coincide alla libertà. Allora libertà
00:31:00per lei non è libertà da o libertà di, ma è più vicino al concetto di spontaneità.
00:31:07libertà è il mostrare chi si è e questo è un altro vocabolo importante. Arendt distingue
00:31:15la domanda chi sei dalla domanda che cosa sei. Chi sei mi interroga direttamente nella
00:31:24mia unicità e il chi sei, il chi sono è ciò che si manifesta se interagisco, se agisco
00:31:34insieme agli altri, non c'è altro modo di esibire chi sono, invece cosa sono riguarda
00:31:43le mie qualità, riguarda i miei modi di essere, riguarda certi attributi che posso avere, un
00:31:51certo carattere e di cosa sono, di questo si può dare definizione, si può dire per esempio
00:31:58che sono una donna o si può dire per esempio che sono una studiosa di filosofia, ma essere
00:32:04una donna o una studiosa di filosofia non è una rarietà, ci sono molte come me, invece
00:32:10chi sono, ecco questo chi che è per così dire indicibile, questo chi però è esibibile
00:32:17e si esibisce con un'azione, dove io esibisco allo stesso tempo l'unicità della mia identità
00:32:24personale e anche la mia libertà, perché libertà è spontaneità ed è capacità di iniziativa.
00:32:33Quando si legge Arendt bisogna stare molto attente che il suo vocabolario è estremamente
00:32:41originale ed anomalo e qui sta la grandezza di Arendt, nel prendere un vocabolario conosciuto,
00:32:48noto e nel cambiargli senso, mantenendo le parole e per così dire riorganizzandone il
00:32:56senso. Allora politica non è appunto sistema di dominio, politica non implica mai un rapporto
00:33:06comando-obbedienza, non implica mai gerarchie per Arendt, politica è un piano orizzontale
00:33:13di esibizione reciproca e di cooperazione nell'iniziare il nuovo e così unicità. Unicità
00:33:22non è eccezionalità, qualche cosa di speciale, unicità è la nostra ovvia e familiare condizione
00:33:30di cui la filosofia non ha mai parlato, perché la domanda sul chi, la domanda sull'unicità
00:33:37rimane ineffabile. Arendt sfida questo muro metafisico e fa dell'unicità non soltanto
00:33:45uno dei mattoni della costruzione ontologica, ma soprattutto uno degli snodi della costruzione
00:33:53politica, anzi dell'azione politica e questo segna ancora una volta la sua straordinaria
00:33:59originalità rispetto alla storia del pensiero politico così come rispetto alla storia della
00:34:05filosofia.
00:34:12Arendt è molto nota al pubblico filosofico, agli studiori di filosofia così come soprattutto
00:34:32gli studiori di teoria politica, ma diventa conosciuta al grande pubblico negli anni Sessanta,
00:34:39in seguito a un libro che ebbe un grande successo, soprattutto perché suscitò un grande e terribile
00:34:47scandalo. Il libro è intitolato in italiano La banalità del male, questo compare come sottotitolo
00:34:55nell'edizione originale americana che è Eichmann in Jerusalem, the banality of evil.
00:35:02In che cosa consiste questo scandalo? Nel 1960 viene catturato in Argentina il gerarca nazista
00:35:11Eichmann, che viveva in Argentina sotto falso nome, viene illegalmente trasportato in Israele,
00:35:19a Gerusalemme, lì viene processato, riconosciuto colpevole e condannato a morte per impiccagione.
00:35:25Arendt si fa mandare, come inviata speciale del settimanale New Yorker, per fare dei reportage,
00:35:35assiste al processo e manda dei reportage che poi rivede, unisce assieme, formando questo libro,
00:35:43questo libro, componendo questo libro che esce nel 1963 col titolo La banalità del male.
00:35:53Lei definisce il male che Eichmann, il gerarca nazista, poi anche l'uomo in carico dell'organizzazione
00:36:03pratica dello sterminio, applica a questo gerarca, ad Eichmann, l'etichetta di banalità del male.
00:36:14Il male quindi non è più questo male radicale di cui aveva parlato nelle origini del totalitarismo,
00:36:22ma un male banale. Che cosa intende dire Arendt in effetti dicendo questo?
00:36:28In primo luogo aveva cominciato a riflettere, a fare autocritica su questa espressione radicalità
00:36:37del male o male radicale applicata all'orrore nazista. Perché la radicalità del male dà
00:36:44l'idea di qualche cosa di grandioso, di satanico, di luciferino, di affascinante.
00:36:51Per cui facendo dei nazisti dei mostri, dei mostri diciamo incatalogabili, fuori dalla
00:36:59normale storia del male, se vogliamo parlare così, della normale storia della distruzione,
00:37:04della crudeltà, diamo a loro una grandiosità. Di questo lei comincia ad essere autocritica
00:37:12prima del processo ad Eichmann e del suo reportage, ma poi assistendo al processo vede che Eichmann
00:37:21non ha affatto le sembianze di un grande mostro satanico, capace di azioni grandiose più nell'infamità.
00:37:29Eichmann è un piccolo borghese molto preoccupato della sua carriera, un padre di famiglia, un uomo grigio,
00:37:42non particolarmente cattivo, non particolarmente stupido, che come molti altri in Germania obbedisce
00:37:52al spirito della storia, non vuole perdere il treno della storia. E se il treno della storia
00:38:00con Hitler è un treno per lo sterminio degli ebrai, lui non vuole perdere questo treno per
00:38:06timore di non fare carriera, per timore di averne danno per lui e per la sua famiglia.
00:38:13Egli diventa così come un volenteroso carnefice, un volenteroso esecutore di ordini.
00:38:23Egli spiega, cerca di giustificarsi nel processo e si descrive addirittura come il cittadino ideale.
00:38:30Io sono il cittadino ideale perché ho obbedito agli ordini dei superiori e il dovere del cittadino
00:38:37è quello di obbedire, il dovere è fare il suo dovere così come gli dicono.
00:38:44Non c'è una volontà nientificatrice, ma c'è semplicemente questa grigia banalissima obbedienza
00:39:11che lungi dal giustificarlo ha semplicemente obbedito, lo indica come il vero e pericoloso agente del male.
00:39:20Perché i mostri, le grandi figure sataniche, possono esserci ma sarebbero isolate.
00:39:28Se il Nazilmo è stato quello che è stato, se Auschwitz è stato il momento più buio della storia occidentale,
00:39:36è perché non c'erano soltanto dei mostri, ma molte persone banali che obbedivano, molte persone che non si facevano agenti dello sterminio,
00:39:49ma si facevano complici perché non davano resistenza.
00:39:55Ora Arendt viene accusata di sottovalutare ciò che Israele ha sofferto, ciò che gli ebrei hanno sofferto
00:40:06e sottovalutare ciò che lo Stato di Israele sta facendo con il processo a Eichmann,
00:40:14ossia mostrare affermativamente la figura dello Stato di Israele che cattura i colpevoli degli sterminio
00:40:23e ricomincia la storia degli ebrei in un nuovo Stato, Arendt è anche contraria a questa impostazione.
00:40:30Nel libro la banalità del male dice cose molto complesse anche sulla legittimità o no di questo tribunale
00:40:39e sul fatto che si possano punire crimini contro l'umanità di questo accusato Eichmann
00:40:47e se ci siano tribunali che possano punire crimini dell'umanità.
00:40:52Ma questa parte del libro che pure è interessante viene trascurata perché il grande scandalo
00:40:59è appunto che lei per così dire giustifichi quello che Eichmann ha fatto e dice di se stesso
00:41:06e sminuisca l'importanza del tremendo crimine che è il nazismo.
00:41:11In verità non ne sminuisce l'importanza, anzi in verità ci parla, ci interroga e ci dice se può essere successo.
00:41:21Nella civilissima Germania che si sia verificato questo crimine, se gran parte della popolazione, quasi tutta,
00:41:33si è fatta complice, è successo che si è fatta complice e alcuni si sono fatti esecutori come Eichmann,
00:41:40se questo è potuto succedere potrebbe succedere ancora, non è nella banalità del male, non è nella nostra banale seguire, perseguire il nostro interesse che sta a tutto questo.
00:41:54E quindi ci interroga nel presente, interroga la società di massa, come hanno potuto crollare dei principi morali, quegli standard morali, quelli che tutti conosciamo e che erano vigenti nella Germania dell'epoca.
00:42:07Non uccidere per esempio, come mai non uccidere ha potuto dissolversi come principio millenario condiviso e trasformarsi in uccidi, assassina, stermina.
00:42:21Sono i piccoli esecutori, i piccoli complici grigi, banali del male, il vero pericolo, non è il mostro.
00:42:30Il mostro non spiega la storia, la nostra possibile complicità, la nostra debolezza di amore per se stessi e la nostra incapacità di pensare.
00:42:41Così dice Arendt, Eichmann mostrava una straordinaria incapacità di pensare, incapacità di immaginare, incapacità di critica nei confronti di sé e nei confronti di ciò che sta succedendo, di dove sta andando il treno della storia, incapacità che è la vera radice del male,
00:43:06che non ha profondità. Il male non è radicale, il male è banale. E qui voglio leggere una sua frase dove spiega molto bene questo.
00:43:18Sholem, un altro grande intellettuale ebreo che era invece andato non in America, ma in Israele, che è in corrispondenza con lei,
00:43:25è Sholem che anche lui si mette in fila a denunciarle di questo scandalo.
00:43:31Dice, ma allora hai cambiato idea rispetto alle origini del totalitarismo? E Arendt scrive, questa è una lettera, a Sholem.
00:43:40Ebbene sì, hai ragione, ho cambiato idea. Ora credo che il male non sia mai radicale, ma estremo e che non possieda né profondità né spessore demoniaco.
00:43:52Il male sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di andare in profondità, di toccare le radici e nel momento in cui si occupa del male
00:44:02è frustrato perché non trova niente. Questa è la sua banalità. Solo il bene ha profondità e può essere radicale.
00:44:12Il male non può essere radicale, ma non per questo è meno tremendo.
00:44:22Il giudizio su Eichmann è solo uno degli scandali che il libro La banalità del male provoca,
00:44:45ma il più profondo, proprio esplosivo. È un secondo punto. In questo punto Arendt fa una considerazione
00:44:54e dice che se le autorità ebraiche non avessero cooperato o collaborato con i nazisti
00:45:02in tutte le operazioni della soluzione finale, che erano operazioni molto complesse,
00:45:09classificazione, rastrellamento, trasporto, internamento, genocidio, eliminazione dei cadaveri,
00:45:19se non ci fosse stata la cooperazione delle autorità ebraiche ci sarebbero stati meno morti.
00:45:26E qui è meglio leggere la sua stessa frase perché a partire da questa frase
00:45:33molti intellettuali ebrei americani e dell'intera comunità mondiale l'hanno accusata di antisemitismo
00:45:43senza mai perdonarla. Scrive Arendt, la verità vera era che sia sul piano locale
00:45:50che su quello internazionale c'erano state comunità ebraiche, partiti ebraici, organizzazioni
00:45:56assistenziali. Ovunque c'erano ebrei, c'erano stati capi ebraici riconosciuti e questi capi,
00:46:02quasi senza eccezioni, avevano collaborato con i nazisti, in un modo o in un altro, per
00:46:07una ragione o per l'altra. La verità vera era che se il popolo ebraico fosse stato
00:46:13realmente disorganizzato e senza capi, dappertutto ci sarebbe stato caos e disperazione, ma le
00:46:20vittime non sarebbero state quasi 6 milioni. Questa frase, questo giudizio non le verrà
00:46:28mai perdonato. Naturalmente Arendt manterrà qualche amico intellettuale fra gli ebrei americani
00:46:38e fra gli ebrei europei, ma sarà additata, sarà accusata di essere un antisemita. Questo
00:46:45è ovviamente assurdo a mio parere, ciò che Arendt fa in questo libro e ciò che Arendt
00:46:53dice delle autorità ebraiche e dei consigli ebraici, riguarda semplicemente un suo modo
00:47:00del tutto onesto di fare storia, considerare i fatti, qualsiasi essi siano, interrogarsi
00:47:09sui fatti, comprenderli e dare un giudizio. Arendt non sta condannando né le comunità
00:47:18ebraiche né sta condannando il comportamento degli ebrei in Israele o durante lo sterminio
00:47:28o il modo con cui Israele sta facendo un processo Eichmann, non si tratta di una condanna.
00:47:34Arendt sta semplicemente pensando criticamente a dei fatti e cerca di comprendere e rendere
00:47:42in parole questi fatti. Certo come scrittrice politica, tanto è originale nei suoi affondi
00:47:50filosofici, tanto è estrema nella sua volontà di capire i fatti della storia e questo fa parte
00:48:02della sua personalità e questo fa parte del suo essere preziosa per riscatenare una discussione,
00:48:10per invitarsi a pensare e ricominciare ogni volta. Si sono i fatti, i fatti si leggono,
00:48:16si interpretano e si giudicano, non andando in fila per mettersi d'accordo con l'opinione
00:48:24dominante, questo Arendt non l'ha fatto veramente mai, ma sinceramente esprimendo la propria opinione
00:48:31in modo aperto e democratico e questo l'ha fatto sempre.
00:48:35Alla fine dell'Ottocento nasce in Europa un movimento politico di rinascita nazionale
00:49:00del popolo ebraico chiamato sionismo, da Sion, uno dei nomi ebraici di Gerusalemme.
00:49:08Nei paesi dell'Europa orientale i frequenti pogrom, le persecuzioni anti-ebraiche, stavano
00:49:15rendendo sempre più difficile la vita di queste popolazioni.
00:49:18Nel 1897 Theodor Herzl, ebreo-ungrese, convocò a Basilea il primo congresso mondiale dell'organizzazione
00:49:29sionista. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1922, la Gran Bretagna, che aveva ricevuto
00:49:38mandato di governo sulla Palestina, si impegnò davanti alla Società delle Nazioni a favore
00:49:43della creazione di una sede nazionale per il popolo ebraico. I dirigenti sionisti, tra
00:49:49cui Chaim Weizmann e David Ben-Gurion, padri fondatori del futuro Stato di Israele, si dedicarono
00:49:57allora a gettare le basi della nuova entità politica.
00:50:02Tra il 1918 e il 1936, gli immigrati ebrei in Palestina passarono da 80.000 a 360.000 e questo
00:50:12inasprì i contrasti con i palestinesi che abitavano il territorio.
00:50:19Nel 1936 scoppiò così una prima rivolta araba.
00:50:26Negli anni successivi, lo sterminio di milioni di ebrei in Europa rese sempre più forte la
00:50:32spinta e il sostegno internazionale per la costituzione di uno Stato ebraico, in particolare
00:50:38da parte degli Stati Uniti. Nel 1947 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò un piano
00:50:48di spartizione della Palestina fra uno Stato ebraico, uno arabo e una zona comprendente
00:50:54Gerusalemme sotto l'amministrazione fiduciaria dell'ONU. Nel 1948 nacque lo Stato di Israele.
00:51:03Il previsto Stato palestinese invece non vide mai la luce. Tra i due popoli cominciò allora
00:51:11una storia di occupazione e guerre che ancora non si è conclusa.
00:51:33Insieme a Simone de Beauvoir, a Maria Zambrano e a Simone Weil, Anne Arendt è una delle poche
00:51:43voci filosofiche femminili del Novecento ed è una voce però molto forte e molto originale.
00:51:51Anne Arendt viene molto letta e apprezzata dalla teoria femminista, da molte femministe,
00:51:58da molti punti di vista, ma bisogna dire che Arendt non si dichiarò mai una femminista
00:52:04e in verità non lo era affatto. Però alcune categorie del suo pensiero sono così preziose
00:52:12per il pensiero delle donne che le donne, io stessa mi metto fra queste, le donne che
00:52:17si occupano di filosofia e di politica continuano a rileggerla. Quali sono queste categorie?
00:52:23una l'abbiamo nominata ed è la categoria di nascita ed è straordinario che lei parlando
00:52:30di nascita e mettendo la nascita come categoria centrale dell'ontologia e della politica non
00:52:36nomini mai la madre o la figura materna. Per cui c'è questa preziosità della categoria
00:52:45rentiana di nascita, ma c'è come un invito tacito a dire di più di quello che lei dice.
00:52:51Non è un'eredità morta, è un'eredità viva, è un'eredità natale. Un altro elemento
00:52:57molto importante che può piacere in questo senso, che può essere affascinante, interessante
00:53:03da questo punto di vista è la sua insistenza sul tema della narrazione. C'è questo interrogativo
00:53:14su cui Arendt insiste soprattutto nel libro sulla condizione umana, l'interrogativo chi
00:53:21sei e l'interrogativo cosa sei. Cosa sei non conta, da cosa sei può venire fuori la scienza,
00:53:29può venire fuori la psicologia, l'antropologia, la filosofia. Si è sempre interrogata la filosofia
00:53:35cos'è l'uomo, cos'è il soggetto e non è questo con te che interessa Arendt. A Arendt
00:53:40ti interessa chi sei. Chi sei è ciò che l'azione esibisce, la performance dell'azione esibisce,
00:53:48che mostra nell'atto, non ha nessuna durata, perché l'azione è ciò che accade e accade nella
00:53:54sua momentaneità, l'azione è fragile, l'azione è illimitabile, non si possono controllare
00:54:00le conseguenze dell'azione e l'azione ha una realtà puntuale, momentanea, per cui
00:54:06diciamo l'identità personale di questo essere unico che è ogni uomo, ogni donna, ogni essere
00:54:13umano, l'identità personale si mostra nell'azione, ma non prende nessuna tangibilità, non si conserva.
00:54:21Che cos'è che conserva ciò che l'azione mostra e che cos'è che risponde alla domanda
00:54:29chi sei? È la narrazione, o meglio, come dice Arendt, la biografia.
00:54:51I grandi eroi omerici, per esempio, Achille, Ulisse, sono uomini di azione, sono eroi perché
00:55:02sono uomini di azione e agendo Achille e Ulisse mostrano chi sono, ma noi sappiamo chi sono
00:55:11Achille e Ulisse, chi sono stati, ne abbiamo memoria in questa dimensione del tutto umano
00:55:16che è il mondo, attraverso chi ne ha narrato le gesta, la storia, che è Omero. Omero è
00:55:24il grande narratore che dà tangibilità all'identità personale degli eroi perché ce ne tramanda
00:55:32la storia. Ora, detto così, non viene immediatamente in mente che questa impostazione sia molto preziosa
00:55:40per il pensiero delle donne, se si cita solo Omero, gli eroi e la guerra, ma in verità
00:55:47Arendt prende Omero solo come esempio. Quello che lei vuol dire è che ciascuna e ciascuno
00:55:55di noi, oltre all'azione come modo di esibizione momentanea, puntuale, insieme agli altri, fragile,
00:56:04ha un altro modo per acquisire un po' di durata mondana ed è la storia di vita, ma la storia
00:56:15di vita non che io narro di me, perché questa sarebbe autobiografia che è un atto narcisistico
00:56:23assolutamente alieno ai gusti di Arendt, ma la vita, la storia di vita mia che qualcun altro
00:56:31può raccontarmi. E ciò è quello che avviene nella quotidianità di molte esperienze femminili,
00:56:39perché le donne sono delle grandi raccontatrici, le donne sono grandi narratrici e le donne
00:56:45si raccontano spesso scampoli di storia, storie di altri, perché? Perché nel racconto,
00:56:55nello scambiarsi il racconto, ne va del senso del sé, del sé però esibito all'altro e dato
00:57:03all'altro nella forma di una narrazione che viene dall'altro. Anne Arendt è una grande
00:57:11ammiratrice di Karen Blixen e spiega molta della sua teoria della narrazione proprio attraverso
00:57:18un apprezzamento di Karen Blixen. C'è un racconto di Karen Blixen nella quale qualcuno
00:57:26chiede, ma tu chi sei? E questa risponde, non posso che rispondere in un modo classico,
00:57:33raccontando la mia storia. È la storia che raggruma, raccoglie significato di un'identità
00:57:41personale, perché senza questa storia che dà un significato al sé, la vita, dice Arendt
00:57:47commentando Blixen, non sarebbe che una serie interminabile e insensata di eventi. Ad esempio,
00:57:55nella sua ultima opera che è La vita della mente, Arendt fa un esempio sull'importanza
00:58:01della narrazione e di nuovo cita Omero e l'episodio di Ulisse presso la corte dei Feaci, Ulisse
00:58:06è in incognito e mentre banchetta in incognito con i Feaci, arriva una Edo cieco, è naturalmente
00:58:14la controfigura di Omero, che canta, racconta la storia di Ulisse e Ulisse piange e Arendt
00:58:23commenta, non aveva mai pianto prima, mentre compiva quelle azioni di cui la Edo sta narrando,
00:58:30ma ora piange perché ora ne capisce il significato, ora capisce il significato di quello che ha
00:58:36passato della sua storia e non piange di emozione, diciamo di dolore e di sofferenza, ma piange
00:58:44di emozione per avere scoperto che il sé, il chi è, la mia unicità può essere tramandabile
00:58:52attraverso una storia. Ora noi non dobbiamo pensare soltanto a questi grandi orizzonti, del
00:58:58grande Omero che tramanda le grandi storie di Ulisse, io direi che dobbiamo pensare proprio
00:59:04alla quotidianità, alla familiarità che spesso ha come protagonista e donne, che riescono
00:59:11a tramandare le storie familiari, degli amici, dei parenti, degli amanti, dei figli, tradurre
00:59:19in storie quello che è il significato dell'unicità, che si dà nell'azione, ma si conserva nella
00:59:26della narrazione.
00:59:56Grazie a tutti.
01:00:26Grazie a tutti.
01:00:56Grazie a tutti.

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