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Un sogno lungo 50 anni che alimenta con sempre più carburante, fatto di storie, cunti, pupi e tradizione, la Macchina dei sogni. Il tradizionale festival e il teatro dell’associazione Figli d’arte Cuticchio in via Bara all’Olivella quest’anno raggiungono traguardi importanti: il primo, La Macchina dei sogni, taglia il nastro dei quarant’anni, il teatro ben 50. Quale miglior modo, allora, che festeggiarli con una rassegna ricca di date, dal 28 luglio al 20 agosto, che si aprirà con lo spettacolo Arrivo di Angelica a Parigi. Un file rouge in piena regola: la messa in scena infatti è la stessa che cinquant’anni fa inaugurò il teatro, che ha contribuito alla ripresa del quartiere. «Fu una delle prime strade a chiudere al traffico - racconta Mimmo, mentre gesticolando sembra raccontare la storia proprio attraverso dei pupi - il teatro è stato fondato nel 28 luglio del 1973, erano anni in cui dal centro storico si fuggiva, i palazzi erano fatiscenti ma per me era importante restare. Non volevo sradicare la tradizione dell’Opera dei pupi». Che nel 2001 è stata riconosciuta come «patrimonio orale e immateriale dell’umanità». Il mese dedicato ai due compleanni, però, sarà florido di eventi: dagli spettacoli alle narrazioni, dai lavoratori per adulti e per bambini ispirati alle storie di innamoramento del Furioso a documentari e visite guidate nei lavoratori dove nascono i pupi. Tutte tappe di un viaggio che parte e torna al teatro di via Bara all’Olivella: «ogni spettacolo in programma racconterà una storia straordinaria - sottolinea Cuticchio -, sempre sullo sfondo di un immaginario fiabesco e letterario». Tra queste ci sarà l’Iliade, che andrà in scena il 12 agosto alle 18,30 dopo La vendetta della strega Morgana di Mattia Zecchi, storia realizzata dopo un’attenta riflessione fatta con le scolaresche che spesso vengono a teatro: «Gli insegnanti mi chiedevano di fare più storie - dice Mimmo - così da poter portare anche la stessa classe più volte e scelsi l’Iliade. Una carta vincente, sia perché tutt’oggi me la chiedono in tutta Italia, sia perché funzionò alla grande. Dopo aver studiato l’opera per dieci anni sono in grado in un’ora di raccogliere tutti i punti dell’epica». Dietro la realizzazione c’è stato però un gran lavoro: «Nessuno voleva realizzare i pupi - racconta - così ho dovuto procedere da solo ma non potevo dedicarmi tutti i giorni tutto il giorno. Così dovevo trovare degli escamotage per fare in modo che il pubblico potesse avere l’impressione che ci fossero tutti i personaggi». Storie, dietro le quinte e tradizioni, ma il tema più importante restano le radici: «Siamo stati nei teatri più importanti di Europa ma vedere che le radici ci sono ancora è la soddisfazione più grande - sottolinea Mimmo -, allora il testo è anche un pretesto: aprire con l’Arrivo di Angelica a Parigi è un gioco, all’ora avevo 25 anni ora ne ho 75, quindi è chiaro che cambia. Magari aggiungerò qualcosa, magari perderò qualcosa, ma sono vivo».

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