Luci su Palazzo Antinori per i 50 anni del Tignanello

  • 3 mesi fa
Ora che Palazzo Antinori si illuminerà a festa e che alcune vecchie annate sono state stappate per celebrarne l’anniversario, il Tignanello è ufficialmente entrato nella storia. Dalla vendemmia 2021 che esce quest’anno, mezzo secolo dopo quella prima etichetta del 1971, bere il vino più rappresentativo di casa Antinori diventa come osservare un Caravaggio agli Uffizi o ascoltare l’Orfeo di Monteverdi non solo perché viene descritto spesso come l’etichetta del Rinascimento dell’enologia italiana, ma più ancora come simbolo di emancipazione.«Avevamo un complesso d’inferiorità da secoli nei confronti dei vini francesi e il Tignanello ci ha reso direi anche un po’ orgogliosi», ha spiegato Piero Antinori. Era etichettato «Vino da tavola» a meno della stregua di un fiasco ma costava il doppio di un Chianti Classico e più di Sassicaia.Introduceva un vitigno francese in blend col Sangiovese quando ancora si usavano le uve bianche. Affinava nelle barrique a differenze delle grandi botti di rovere o peggio di castagno. Di etichette simili all’epoca c’erano solo lo stesso Sassicaia, il Tegolato e di lì a poco il Vigorello. La definizione di Supertuscan arriverà dieci anni più tardi. Solo nel 2020 Renzo Cotarella, amministratore delegato del gruppo Antinori, riuscirà a completare la collina di Tignanello acquisendo l’ultimo fazzoletto di terra mancante.Ma il marchese va oltre nella ricostruzione storica di questa etichetta introducendo un concetto nuovo, un’estetica del vino. «Io vorrei dire che oltre alle caratteristiche specifiche di questo vigneto, vorrei aggiungerne un’altra che è la bellezza del luogo. Ora probabilmente ci sarà anche qualcuno che dirà ma cosa c’entra la bellezza con la qualità del prodotto. Effettivamente non c’è nessuna spiegazione scientifica, però è un fatto che i grandi vini del mondo vengono tutti da zone bellissime ed è un fatto che se stiamo bene riusciamo a produrre meglio e questo non vale solo per le vigne ma un po’ per tutti». Eccola la bellezza del Tignanello, di una collina salvata «all’eutanasia della mezzadria» come già nel 2011 Piero Antinori definì la crisi dell’agricoltura italiana degli Anni Settanta parlando di «collasso estetico».«Io credo che si possa dire che il Tignanello è un vino per noi importante anche perché ha cambiato la storia del Chianti Classico, una zona che riteniamo privilegiata, che può veramente produrre dei grandissimi vini ed è per questo che anche ultimamente noi ci siamo molto dedicati a questo territorio anche a seguito delle esperienze col Tignanello e abbiamo fatto dei nuovi investimenti».Storia certo, la celebrazione di mezzo secolo di vino in Toscana, ma anche un concreto sguardo al futuro ben rappresentato dai nuovi progetti, dai nipoti pronti a entrare in azienda e da quella luce nel sole stilizzato dell’etichetta di Tignanello e che con Felice Limosani da stasera al 9 giugno illuminerà Palazzo Antinori.

Consigliato