Lucarelli racconta - St 12 Ep 1. Nicola Calipari, in quel luogo e in quel momento 1a parte

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02:01C'è una macchina, una Toyota Corolla grigia,
02:04che ha imboccato la rampa che porta alla Route Irish.
02:07L'uomo che sta al volante guida con attenzione, a velocità moderata,
02:11anche se vorrebbe andarsene il più in fretta possibile da quella situazione.
02:15Ma la foschia vele il parabrezza ed è buio,
02:18non ci sono molte luci sulla Route Irish, la strada della morte, così la chiamano.
02:31Dietro, accucciata sul sedile, c'è una donna spaventata
02:34e accanto a lei, un braccio sulla spalla, come per proteggerla,
02:37c'è un uomo che le parla, cercando di tranquillizzarla.
02:40Va bene, è tutto finito, tra poco sono arrivati,
02:43ancora poco, ancora 700 metri e poi ci sono.
02:46C'è l'aeroporto e c'è un aereo già pronto per partire e volare fino in Italia.
02:55E invece all'improvviso una luce accecante, schianti contro la carrozzeria.
02:59Ci sono bagliori che tagliano il buio,
03:01l'uomo seduto accanto alla donna lo sa cosa sta succedendo,
03:04gli stanno sparando, stanno sparando contro la Toyota, gli stanno sparando addosso.
03:20E allora l'uomo che sta accanto alla donna fa una cosa,
03:23su quella strada, in quel punto e in quel momento,
03:26contra i muscoli e scatta.
03:31La strada che porta a quel punto sulla route Irish a Baghdad in Iraq,
03:35in quel luogo e in quel momento,
03:37parte da molto lontano, addirittura da un altro continente.
03:40Parte dall'Europa, dall'Italia, dalla Calabria, a Cosenza,
03:44dove all'inizio degli anni Ottanta,
03:46quell'uomo va a dirigere la squadra mobile della città.
03:57Perché quell'uomo è un poliziotto, si chiama Nicola, Nicola Calipari.
04:01Nicola si laureò in giurisprudenza nei primi anni Settanta,
04:05poi iniziò a fare, era già procuratore,
04:09aveva iniziato a fare l'avvocato penalista a Reggio Calabria,
04:13perché lui era nato e vissuto a Reggio Calabria.
04:18Mi raccontava che aveva deciso di mollare questa professione,
04:23perché in quella terra e in quella zona fare penalista
04:26significava andare ad ascoltare i latitanti in Aspromonte
04:30e questo per lui era inconcepibile,
04:32lui non poteva essere al servizio dei latitanti
04:34e quindi fece il concorso in Polizia.
04:36Non significa soltanto questo fare l'avvocato, naturalmente,
04:39neanche in Calabria, ma per Nicola Calipari
04:42la laurea in Legge, la Legge con la L maiuscola,
04:45ha un significato ben preciso,
04:47soprattutto in Calabria, dove c'è l'andrangheta
04:50e la lotta alla criminalità non comporta
04:52una normale dinamica tra guardie e ladri,
04:55ma è qualcosa di più, è una guerra,
04:57una guerra tra lo Stato e l'antistato.
04:59E in questa guerra lui sa bene dove stare,
05:02lui è un uomo dello Stato,
05:04anche se in un modo un po' particolare.
05:06Nel 1981 una riforma cambia il volto della Polizia italiana,
05:10che da pubblica sicurezza diventa Polizia di Stato.
05:20Ma la Polizia era anche quella che negli anni Sessanta
05:23spara in piazza e uccide cinque manifestanti a Reggio Emilia,
05:26quattro a Palermo e ne massacra uno a Catania,
05:29solo per citarne qualcuno.
05:37Con la riforma del 1981 certe cose non dovrebbero accadere più,
05:41e in parte non sempre è così,
05:43almeno fino ai fatti di Napoli e del G8 di Genova del 2001.
05:51Ma questa è un'altra storia che abbiamo già raccontato.
05:58Ecco, Nicola Calipari è uno dei funzionari figli di quella riforma,
06:02è colto, preparato, è sensibile, è bravo.
06:05Era un uomo molto dolce, molto simpatico,
06:11fortemente ironico, aveva un'ironia molto sottile,
06:16molto aplomb, era molto inglese,
06:19non amava mai un modo di parlare sguaiato, volgare,
06:25lo definiva un linguaggio da caserma,
06:28non poteva essere usato né da me né dai suoi figli,
06:32non lo usava neanche lui.
06:34Aveva toni bassi, non amava alzare il tono di voce,
06:39riteneva che l'autorità passasse attraverso la sua credibilità.
06:44Aveva accorso molti rischi, anche molte operazioni
06:47nelle quali lui interveniva,
06:50non era un uomo che riusciva facilmente
06:53ad essere lontano dai suoi uomini.
06:56Aveva questa logica per cui lui doveva essere
07:00quello che andava per primo,
07:03i suoi uomini dovevano essere da lui tutelati.
07:08Era la logica che però lo rendeva poi autorevole
07:13rispetto a coloro che lavoravano con lui,
07:15rispetto ai suoi collaboratori.
07:17Quando arriva alla direzione della squadra mobile di Cosenza,
07:20nei primi anni Ottanta, Nicola Calipari ha 29 anni.
07:23Il suo capo, di quando stava la mobile di Genova,
07:26è stato trasferito in Calabria e diventato questore
07:28e se l'è portato dietro.
07:30Anche Nicola Calipari è calabrese, è nato a Reggio Calabria
07:33e quando arriva a Cosenza trova una situazione abbastanza difficile.
07:36C'è la presenza di droghe di tutti i generi,
07:39ai primi posti senz'altro l'eroina,
07:41seguita poi dalla cocaina
07:43e poi una quantità notevole di droghe cosiddette leggeri,
07:46cioè marijuana, hashish.
07:48Un po' dappertutto sulle colline intorno alla città
07:51fiorivano piante di imitazione delle piantine di marijuana
07:56che crescevano accanto ad altri aromi,
07:59molto meno dannosi senz'altro.
08:02Fino a qualche anno prima Cosenza era una città relativamente tranquilla,
08:06ma nel frattempo è successo qualcosa.
08:08È arrivata la droga,
08:10e con la droga anche la violenza delle indrine,
08:12le famiglie di Indrangheta,
08:14che si contendono con la piazza di spaccio.
08:16Tenga presente che in quegli anni,
08:18mi riferisco agli anni Ottanta,
08:21la criminalità calabrese era particolarmente feroce,
08:25agguerrita, violenta.
08:27Fu un decennio particolare
08:29perché la provincia di Reggio Calabria
08:31era interessata dai sequestri di persone,
08:34era interessata dagli omicidi di lotti intestine
08:37nell'ambito della criminalità organizzata.
08:40E sull'altro fronte,
08:42quello della zona di Cosenza,
08:44Nicola doveva contrastare
08:46altrettanta violenza criminale
08:49perché erano focolai di grandi criminali
08:53dediti alla rapina, all'estorsione
08:55e anche all'omicidio
08:57perché in quegli anni ci furono omicidi importanti.
09:00Nel 1985,
09:02quando Nicola Calipari è alla mobile della città,
09:05l'andrangheta uccide Sergio Cosmai,
09:07direttore del carcere di Cosenza.
09:15Un pomeriggio di marzo,
09:16il direttore Cosmai va a prendere la figlia
09:18dall'asilo con la sua 500.
09:20È un funzionario deciso e zelante, Sergio Cosmai.
09:23Dirige un carcere in cui ci sono molti uomini di andrangheta
09:26che naturalmente non vogliono seguire le regole
09:29o subire le limitazioni di chi sta in galera.
09:36Questo al direttore Cosmai non sta bene
09:39e con gli strumenti della sua carica
09:41si oppone al potere della mafia sul suo carcere.
09:48Forse sta pensando a questo il direttore Cosmai
09:50o forse sta solo pensando a sua figlia Rossella
09:53che ha tre anni
09:54quando un auto con a bordo due uomini
09:56con barbe e baffi finti
09:58lo affianca sulla strada.
09:59Il direttore capisce subito quello che sta per succedere
10:02inchioda la 500,
10:03ingrana la retromarcia
10:04ma non serve a niente.
10:05Gli uomini gli sparano addosso 11 colpi calibro 38.
10:21Al colpo di Grazia
10:22la pistola di uno dei killer è già scarica
10:25ma non importa.
10:26Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza
10:29muore il giorno dopo all'ospedale.
10:35Nicola Calipari indaga con la sua squadra mobile.
10:38Il direttore Cosmai era anche un suo amico.
10:40Individua l'andrina che ha commesso l'omicidio
10:43e arresta quelli che hanno sparato
10:45gettando le basi per una serie di indagini
10:47che ricostruiranno 30 anni di storia dell'andrangheta
10:50nella provincia di Cosenza.
10:55Lui era capace di tenere bene il personale
10:59e di essere sempre come fosse
11:02il primo a gestire in termini mentali
11:06l'investigazione e quindi a scrivere lui la storia
11:12e nello stesso tempo portare gli altri
11:15a seguirlo con grande entusiasmo.
11:18Questo era Nicola.
11:19C'è un'altra strada che parte da molto lontano
11:22per arrivare in quel punto di Baghdad
11:24in quel momento.
11:25Parte anche lei da un altro continente
11:27dall'America, dagli Stati Uniti.
11:29New York è un quartiere molto particolare di New York
11:32il Bronx, che in quegli anni
11:34a cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80
11:36non è il quartiere rivalutato e anche la moda che è adesso
11:39ma il Bronx, quello dei film e dei romanzi noari
11:42il ghetto dei neri e dei portoricani.
11:49È lì che Nicola Calipari,
11:52è lì che nel 1970 nasce Mario Lopez Lozano Junior
11:57che è ancora un bambino quando Nicola Calipari
11:59entra nella polizia.
12:01La madre di Mario Lozano viene da Portorico
12:04e spaccia droga per conto di una gang portoricana
12:07che un giorno ha un contrasto con un'altra gang
12:09c'è una sparatoria e la signora Lozano viene uccisa.
12:22Mario cresce in un ambiente difficile
12:24con criminali come modelli come racconta lui stesso
12:27da cui non è facile uscire senza diventare appunto un criminale.
12:36Lozano ci riesce scegliendo una delle opportunità
12:39che si offrono in quegli anni a un ragazzo come lui
12:42l'esercito.
12:44Dopo il periodo di addestramento Mario Lozano
12:47viene assegnato al primo battaglione
12:49del 69° reggimento di fanteria
12:51una unità storica dell'esercito degli Stati Uniti
12:54che risale ai tempi della guerra civile americana
12:57la Irish Brigade perché era formata quasi tutta
13:00dai migrati irlandesi del distretto di New York.
13:14Poi la Irish Brigade si evolve
13:16entra a far parte della Guardia Nazionale
13:18dello Stato di New York con base a Manhattan
13:21e nel 2005 verrà mandata in Iraq.
13:33Ma questo più avanti
13:35per adesso la strada di Mario Lozano
13:37verso quel punto di Baghdad
13:39è ancora indietro nel tempo e nello spazio
13:41e sta ancora là nel ghetto del Bronx
13:43e anche quella di Nicola Calipari
13:45è ancora al di là dell'oceano
13:47e in Italia a Cosenza
13:49anche se non per molto.
13:50L'esposizione ovviamente come capo
13:52dell'ufficio della squadra mobile di Cosenza
13:55lo portò ad essere minacciato
13:59e insieme a lui anche io e la piccola
14:02la nostra bimba che allora aveva soltanto un anno e mezzo
14:05ci fu un'occasione molto particolare
14:08che era la richiesta del governo australiano
14:11di avere qualcuno che fosse capace
14:14e avesse esperienza
14:16di indagare sull'endrine presenti in Australia
14:19e sugli loro affari illeciti
14:23che soprattutto riguardavano
14:26il traffico di stupefacenti
14:28e Nicola essendo calabresi
14:32e avendo avuto già un'esperienza
14:34di parecchi anni in Calabria
14:36fu ritenuto appunto l'uomo giusto
14:39anche in una situazione che risolveva due fatti
14:42toglierci dal rischio
14:44in cui ci trovavamo in quel momento a Cosenza
14:47e nello stesso tempo
14:49poter svolgere per lo Stato italiano
14:52una funzione positiva lì in Australia.
14:55Prima una serie di minacce dirette
14:57poi l'omicidio del direttore Cosmai
14:59che fa capire come le endrine di Cosenza
15:01possano e vogliono colpire anche a quei livelli.
15:04Per Nicola Calipari
15:05rimanere in città è diventato pericoloso
15:07e così viene assegnato
15:08alla National Crime Authority australiana.
15:17L'andrangheta infatti
15:18è uscita da tempo dai confini nazionali
15:20ed è arrivata in Canada e in Australia
15:22dove investe i proventi
15:23dei sequestri e dei traffici di droga
15:25ricicla il denaro sporco
15:27e coltiva piantagioni di canapa.
15:32L'opinione pubblica
15:33e le autorità australiane
15:34se ne accorgono alla fine degli anni 70
15:37quando un deputato del Parlamento
15:39particolarmente attivo nella lotta alla droga
15:41scompare all'improvviso.
15:43Il corpo di Donald Bruce McKay
15:45non viene mai ritrovato
15:46ma le indagini della polizia australiana
15:49arrivano a concludere
15:50che sia stato ucciso
15:51da un killer dell'andrangheta.
16:04Come anche Colin Winchester
16:06un alto funzionario
16:07della polizia federale australiana
16:09a cui sparano due colpi in testa
16:11mentre sta parcheggiando la macchina
16:13nel cortile di casa sua
16:14vicino a Canberra
16:15alla fine degli anni 80.
16:20Sì, l'Australia è il posto giusto
16:22per uno bravo come Nicola Calipari.
16:24L'Australia fu una specie di esilio forzato
16:29consideri che mio marito
16:32era sempre molto tranquillizzante
16:35nei miei confronti
16:36cioè lui non diceva mai seriamente
16:39quello che stava avvenendo
16:41cercava sempre di camuffare la realtà
16:43quindi mi aveva convinto
16:46ad andare in Australia
16:47con nostra figlia di 20 mesi
16:49soltanto perché questa era un'occasione
16:53che gli veniva data
16:55per svolgere delle indagini interessanti
16:58e solo in Australia che io scoprì
17:00che noi tre eravamo sotto minaccia
17:02e questo finalmente mi fece capire
17:05cosa avevamo vissuto nell'ultimo anno
17:08in Calabria
17:09e perché Nicola era scortato
17:11fino alla porta di casa
17:13perché eravamo sempre seguiti.
17:15In Australia Nicola Calipari
17:16ci resta tre mesi
17:18a Sydney, a Melbourne e a Canberra
17:20e dà un contributo importante
17:22alla lotta all'andrangheta.
17:32La polizia australiana
17:33ha fatto irruzione
17:34negli appartamenti
17:35di alcuni affigliati a lendrine
17:36a Canberra e a Adelaide
17:38e ha trovato alcuni documenti
17:40sono 33 manoscritti
17:41i codici del disonore
17:43così li chiama la stampa australiana
17:45che gli investigatori australiani
17:46non riescono a capire.
17:48Nicola Calipari sì
17:49ne traduce 13
17:50e mette insieme
17:51i riti di affiliazione
17:52i modelli organizzativi
17:53e la catena di decisione
17:54dell'andrangheta in Australia
17:56che sono gli stessi
17:57di quelli in Calabria.
18:04Dopo aver dimostrato
18:05la presenza delle lendrine
18:06in Australia
18:07Nicola Calipari torna a casa
18:09scrive un rapporto
18:10che consegna al ministro degli interni
18:12e riprende il suo lavoro.
18:13Prima la squadra mobile di Roma
18:15poi la criminal poll
18:16e poi la polizia australiana
18:18e poi la criminal poll
18:19e poi allo SCO
18:20il servizio centrale operativo
18:21della polizia.
18:22Quando noi arriviamo a Roma
18:24dopo qualche anno
18:25gli fu chiesto di entrare al SISDE
18:27dall'allora vice direttore del SISDE
18:31Nicola me lo chiese
18:33mi chiese se io concordavo
18:36e io dissi di no
18:38gli dissi no
18:39non farlo
18:41perché?
18:43E devo dire
18:45ero un po' contraria a questa ipotesi
18:50e lui rinunciò
18:54poi lui continuò
18:58nella sua carriera in polizia
18:59sempre con grande entusiasmo
19:02con grande passione
19:03era un investigatore fondamentalmente.
19:06Una strada che parte da Cosenza
19:08un'altra strada che parte dal Bronx
19:10a New York
19:11c'è ancora una strada
19:12che parte da molto lontano
19:13per arrivare a Baghdad
19:15in quel punto e in quel momento preciso.
19:22Parte dal centro di Roma
19:23da via Tomacelli
19:24dove assiede il quotidiano Il Manifesto
19:26Giuliana Sgrena
19:28lavora per Il Manifesto dal 1988
19:30come giornalista
19:31soprattutto come corrispondente di guerra.
19:35E' stata in Algeria
19:36agli inizi degli anni 90
19:37nel periodo del terrorismo
19:38tra estremisti islamici
19:39e governo algerino
19:40quando si ritrovava
19:41la popolazione di interi villaggi
19:42con la gola tagliata
19:43donne e bambini compresi.
19:45E' stata nella Somalia
19:46sconvolta dalla guerra civile
19:48dove verranno uccisi
19:49la giornalista del TG3
19:50Ilaria Alpi
19:51e il suo operatore
19:52Miran Rovatin
19:53ed è stata in Afghanistan
19:54durante la guerra
19:55seguita all'11 settembre
19:56del 1990
19:57quando si ritrovava
19:58la popolazione di interi villaggi
19:59con la gola tagliata
20:00donne e bambini compresi.
20:01E' stata nella Somalia
20:02sconvolta dalla guerra civile
20:03durante la guerra civile
20:04seguita all'11 settembre del 2001.
20:12E' una giornalista
20:13Giuliana Sgrena
20:14una corrispondente di guerra
20:15e va dove c'è una guerra
20:16da raccontare
20:17e da documentare
20:18e andrà anche in Iraq
20:20ma questo più avanti.
20:21Per adesso
20:22siamo ancora
20:23alla fine degli anni 80
20:24le nostre strade
20:25non si incrociano
20:26e quella di Nicola Calipari
20:27è arrivata soltanto
20:28fino a Roma.
20:29L'ultima fase
20:30lui ha diretto
20:33in polizia
20:34l'ufficio di immigrazione
20:36della questura di Roma.
20:37C'erano pratiche
20:3940.000 pratiche nevase
20:41c'erano problemi di corruzione
20:43nel personale
20:44c'era un modo
20:47molto pesante
20:49di gestire
20:51il flusso degli immigrati.
20:53Agli uffici di via San Vitale
20:54nel centro di Roma
20:55arrivano gli stranieri
20:56di tutta la città.
20:58Si formano file
20:59che partono
21:00dalle 2 di notte
21:01per prendere
21:02il numero di accesso
21:03agli uffici
21:04che aprono alle 9 del mattino
21:05ma spesso
21:06succede qualcosa
21:07manca un timbro
21:08manca un foglio
21:09manca una firma
21:10quella fila di ore
21:11è diventata inutile
21:12e allora
21:13non ci si sa spiegare
21:14non si sa capire
21:15sale la tensione
21:16crescono i disagi
21:17e nascono situazioni
21:18che in un paese
21:19organizzato e civile
21:20non dovrebbero essere tollerate.
21:22Eppure
21:23basterebbe poco
21:24per mettere a posto le cose
21:25o almeno
21:26per farle funzionare meglio.
21:28Con l'arrivo del Dottor Calipari
21:29le cose sono cambiate molto
21:31perché
21:32è iniziato il sistema
21:34degli appuntamenti
21:36ha obbligato
21:37pensate un po'
21:38gli agenti
21:40a cominciare a dare
21:41del lei
21:42agli immigrati
21:44ha razionalizzato
21:46i turni
21:47ha chiesto agli agenti
21:49di seguire dei corsi
21:51di mediazione interculturale.
21:54Non sembra un lavoro
21:55da poliziotto
21:56soprattutto
21:57per un poliziotto da strada
21:58un operativo
21:59come Nicola Calipari.
22:06Un investigatore
22:07che solo poco prima
22:08alla Mobile di Roma
22:09riesce a seguire
22:10la pista che porta a scoprire
22:11dove si nasconde
22:12un boss
22:13del calibro di Pasquale Contrera
22:14che gestisce
22:15gli affari di Cosa Nostra
22:16nell'arco traffico
22:17tra Canada
22:18Venezuela
22:19e Sicilia.
22:20Calipari
22:21lo rintraccia in Spagna
22:22nascosto in una villa
22:23sulla Costa del Sol
22:24e lo fa arrestare.
22:28Ecco,
22:29cosa c'entra
22:30uno così
22:31con l'ufficio in migrazione
22:32della Questura di Roma?
22:33C'entra invece
22:34e anche molto.
22:35E' quel tipo di poliziotto
22:36raccontato dalla riforma
22:37di Polizia del 1981
22:39quando Nicola Calipari
22:40si forma come funzionario.
22:42La prevenzione
22:43la sensibilità
22:44il rapporto
22:45tra il poliziotto
22:46e il cittadino
22:47italiano
22:48o straniero che sia.
22:50E' stato davvero
22:51un momento
22:52in cui
22:53si è umanizzata
22:54l'accoglienza
22:55degli stranieri
22:56alla Questura di Roma
22:57e io ho cominciato
22:58a dare un senso positivo
22:59e nobile
23:00alla parola
23:01servitore dello Stato
23:02perchè lui era riuscito
23:03a allargare i confini
23:04dello Stato
23:05anche a coloro
23:06che di quello Stato
23:07non appartenevano.
23:08L'ufficio in migrazione
23:09di Polizia del 1981
23:10è un ufficio
23:11che è stato
23:12realizzato
23:13da un ufficio
23:14di un ufficio
23:15di un ufficio
23:16di un ufficio
23:17di un ufficio
23:18di un ufficio
23:19di un ufficio
23:20di un ufficio
23:21di un ufficio
23:22di un ufficio
23:23L'ufficio in migrazione
23:24funziona
23:25le file
23:26non ci sono più
23:27sta nascendo
23:28una nuova cultura
23:29del rapporto
23:30tra polizia
23:31e cittadine stranieri
23:32va tutto bene
23:33ma in fondo
23:34quello
23:35è sempre
23:36un lavoro
23:37da scrivania
23:38e per uno
23:39come Calipari
23:40un poliziotto
23:41da strada
23:42uno che non ama
23:43portare la pistola
23:44che non è
23:45un uomo d'azione
23:46va bene
23:47ma di investigazione
23:48
23:49ecco
23:50quello
23:51è un lavoro
23:52A quel punto il generale Pollari diventò il direttore del Sismi, Nicola aveva conosciuto
24:02il generale Pollari in Calabria, molti anni prima, e lui gli chiese di andare con lui
24:06al Sismi, anche qui chiese cosa io ne pensavo, e poiché io avevo visto mio merito soffrire
24:16molto questa situazione di stand by in cui era stato messo, mi resi conto che per lui
24:24era importante a questo punto un cambiamento, altrimenti si stava spegnendo la sua passione,
24:31la sua voglia di lavorare, di lavorare al meglio, e così ci fu il passaggio al Sismi.
24:38Il generale Nicola Pollari viene dalla Guardia di Finanza, dove si è occupato di reati finanziari
24:43e di tangenti, e dopo essere stato vice direttore del Cesis, l'organismo di controllo dei servizi
24:48segreti, nel settembre del 2001 diventa direttore del Sismi, il servizio segreto militare.
24:53Quando arriva ai servizi è già stato oggetto di alcune inchieste giudiziarie degli anni
25:0490, che si sono concluse tutte con archiviazioni o proscioglimenti.
25:08Gode di molti appoggi e di molte amicizie il direttore Pollari, sia nel centro-destra
25:19che nel centro-sinistra, dal PD alla Margherita d'Alleanza Nazionale, fino all'allora
25:24Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Quello di dirigere un servizio segreto è
25:36un compito molto impegnativo e molto particolare, così come molto particolari, e particolarmente
25:41in Italia, sono i servizi segreti. I servizi segreti sono strutture speciali
25:46dello Stato, composte in genere di poliziotti e carabinieri militari, ma talvolta anche
25:54da civili, il cui compito è quello di condurre operazioni o acquisire informazioni in modo
26:03extralegale. Se non ci fosse questo bisogno basterebbero i corpi di polizia giudiziaria
26:12già presenti. I servizi segreti italiani non hanno mai
26:15avuto una bella fama. Il rapporto con il potere politico, la gestione del lavoro sporco
26:20di un sottogoverno fatto di dossier, ricatti e pressioni, e a volte anche di peggio. Gli
26:25scandali finanziari e politici che spesso li hanno coinvolti. Anche il Sismi del generale
26:33Pollari, che lo dirige dal 2001 al 2006, ha i suoi guai. Nel febbraio del 2003 il Sismi
26:42collabora con la CIA nel rapimento dell'imam egiziano Abu Omar, che viene prelevato a Milano,
26:47trasferito nella base NATO di Aviano e poi spedito in Egitto per essere interrogato e
26:51torturato, nell'ambito di quelle Extraordinary Rendition, operazioni di prelevamento di elementi
26:57sospetti seguite all'11 settembre. Sono operazioni illegali e infatti nel 2010 la Corte d'Assise
27:06d'Appello di Milano condanna in cuntumacia gli agenti della CIA coinvolti, condanna alcuni
27:11agenti del Sismi e dopo l'opposizione del Segreto di Stato conferma il non luogo a procedere
27:16nei confronti del generale Pollari e del capo del controspionaggio Marco Mancini. Nel 2001,
27:26quando il generale Pollari assume il comando del Sismi, molte cose devono ancora succedere
27:31e come accade spesso quando arriva un direttore nuovo, sembra che debba cambiare tutto, che
27:36ci sia nuova vitalità e nuovo dinamismo, un'area nuova insomma. Il generale Pollari cerca funzionari
27:49bravi e preparati e così chiama Nicola Calipari, che nel frattempo ha finito il suo lavoro all'ufficio
27:55migrazione e sta aspettando una nomina a quest'ora di una città che non arriva e si è stancato di
28:01stare dietro una scrivania a Roma. Nicola Calipari è un organizzatore e un operativo,
28:11quella dei servizi è una sfida nuova, può portare la sua gente, i suoi collaboratori,
28:16le sue idee e il suo modo di lavorare e così accetta. Quindi Nicola iniziò entrando,
28:23rendendosi conto del nuovo lavoro che aveva dei modi di operare completamente diversi da quelli
28:33della Polizia, operò quindi dei trasferimenti, dei cambiamenti, cercò di avere anche del personale
28:42di sua fiducia con sé. Qualcuno con molta difficoltà arrivò, sempre dalla Polizia,
28:50ma con grande difficoltà e con grande lentezza. Nicola Calipari entra nel Sismi nel 2002 con
28:58l'incarico del Capo Reparto Operazioni Speciali all'estero a dirigere tutte le sezioni dello
29:03spionaggio italiano in giro per il mondo, in un posto in particolare, il Medio Oriente,
29:07l'Iraq, perché poco dopo l'arrivo di Nicola Calipari al Sismi succede una cosa, scoppia la
29:14guerra in Iraq. L'operazione Iraqi Freedom, la Seconda Guerra del Golfo come viene chiamata,
29:25scoppia nel marzo del 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte delle forze della coalizione
29:30guidata dagli Stati Uniti e ufficialmente si conclude pochi mesi dopo, il primo maggio,
29:34con la caduta del regime di Saddam Hussein.
29:44Ma solo ufficialmente, perché con la dissoluzione dello Stato iracchieno inizia un periodo di
29:55instabilità, di violenza, di terrorismo, di vera e propria guerra, che continua ancora.
30:00I soldati della coalizione uccisi in Iraq dall'inizio delle operazioni sono più di
30:144.800, tra questi 32 sono italiani. Il numero degli iracchieni invece è imprecisato, 162.000,
30:23tra cui più di 34.000 soldati di Saddam e insorti combattenti, più di 9.000 poliziotti
30:29e almeno 114.000 civili, in pratica il 75%, otto vittime su dieci.
30:34In Iraq arrivano anche gli italiani, nel luglio del 2003, a seguito di alcune risoluzioni
30:49dell'ONU, come parte della coalizione guidata dagli americani.
30:52Operazione antica a Babilonia si chiama La Nostra Presenza, che stanza inizialmente a
31:013.000 uomini nel sud del paese, nella regione di Dhekar, dove ci sono importanti giacimenti
31:06di petrolio. La capitale della regione, dove hanno sede il comando e le nostre basi operative,
31:10si chiama Nasiriyah. Il 12 novembre del 2003, alle 10.40 del mattino, in Italia sono ancora
31:20le 8.40, un camion cisterna guidato da due uomini punta verso la base maestrale, che sta nel vecchio
31:27palazzo della Camera di Commercio della città e che è gestito dai carabinieri, che l'hanno
31:31chiamato Animal House. L'appuntato, che sta di guardia all'ingresso, capisce subito che c'è
31:40qualcosa che non va e comincia a sparare, impedendo che il camion si infili dentro la base, ma non è
31:45sufficiente. La cisterna contiene dai 150 ai 300 kg di tritolo, mescolati con liquido
31:53infiammabile, un'autobomba, che fa saltare anche il deposito munizioni della base e uccide
31:5928 persone, farendone 140. Muoiono 12 carabinieri, 5 militari dell'esercito e 9 civili iraccheni
32:15che lavoravano alla base. Muoiono anche due civili italiani, il cooperatore Marco Bacci e
32:20il regista Stefano Rolla, alla base per girare un documentario. Non sono facili le cose in Iraq,
32:33perché si chiamano peacekeeping certe missioni, mantenimento della pace, ma di pacifico hanno
32:39ben poco, sia per chi ci arriva, che per quelli che già ci vivevano in Iraq. Non sono facili le
32:45cose neanche per chi lavora nei servizi segreti. A Nicola andava spesso per costruire reti, per
32:54avere informatori e molti di questi incontri avvenivano al buio, avvenivano bendati,
33:06portati in macchina senza sapere dove ti stavano portando. Io ero consapevole,
33:14cominciavo a non essere più molto contenta di quello che stava avvenendo, anche perché Nicola
33:21cominciò a lavorare sui sequestri e questo significava ancora di più intensificare i suoi
33:30viaggi in Medio Oriente, anche in paesi limitrofi, che non erano appunto solo l'Iraq. Lo vedevo
33:40sempre meno, quando lo vedevo era sempre molto stressato, molto stanco e la sua presenza in
33:48famiglia era ormai ridotta a pochissimo e questo pesava un po' anche a noi, quindi diciamo che
34:02quello fu un anno molto molto difficile. Perché non ci sono soltanto gli attentati suicidi e gli
34:07attacchi diretti a minacciare la vita di chi si trova in quel contesto, c'è anche un'altra cosa,
34:12una prassi comune in una guerra confusa e feroce come quella che si tiene in un paese occupato,
34:17una guerra asimmetrica, come viene definita. Ci sono i sequestri.
34:31Il 13 aprile del 2004 un auto con a bordo quattro uomini viene fermata sulla strada
34:36che congiunge Baghdad a Damman, nei pressi di Falluja. Miliziani armati appartenenti ad un
34:42gruppo che si definirà Falangi Verdi di Maometto, sequestrano Maurizio Aliana, Umberto Cupertino,
34:47Salvatore Stefio e Fabrizio Quattrocchi.
35:00Sono PMC, Private Military Contractors, guardie armate che lavorano per una compagnia di sicurezza
35:06italiana e come migliaia di altre guardie, che appartengono a compagnie di tutto il mondo,
35:10affiancano gli eserciti regolari nelle operazioni di controllo del territorio e di protezione del
35:15personale e degli impianti civili e militari. I miliziani delle Falangi Verdi di Maometto
35:23sequestrano i quattro italiani e chiedono al nostro governo il ritiro delle truppe dall'Iraq.
35:27Dopo 58 giorni vengono liberati da un blitz delle forze speciali americane,
35:34ma sono soltanto tre. Fabrizio Quattrocchi è stato ucciso con due colpi di pistola sparati nella schiena.
35:46Esiste un video sulla morte di Fabrizio Quattrocchi, consegnato dai miliziani al
35:52network Al Jazeera, sequestrato dalla magistratura italiana e trasmesso in Italia solo in parte. Si
35:58vedono gli ultimi stanti di vita di Fabrizio Quattrocchi, i polsi legati, bendato dentro una
36:03buca. Ha capito cosa sta per succedere, vuole farsi togliere la benda e dice adesso vi faccio
36:08vedere come muore un italiano. Due mesi dopo, il 20 agosto, viene sequestrato un altro italiano. Enzo
36:26Baldoni è un giornalista freelance che si occupa di tante cose, sia in Italia che all'estero.
36:31Fa pubblicità, traduce fumetti, tiene un blog e viaggia spesso, sia come giornalista che come
36:40operatore umanitario. Sono viaggi che lo portano anche in posti lontani e disagiati,
36:44pericolosi, perché questo è il suo mestiere, che fa con passione, curiosità e competenze.
36:49Nell'agosto del 2004 Enzo Baldoni è in Iraq, nella zona calda tra Fallujah e Najaf, nel sud
36:58del paese, dove ha portato aiuti umanitari assieme alla Mezzaluna Rossa, trovandosi,
37:02come spesso succede, nel mezzo di un conflitto. Adesso la nostra preoccupazione fondamentale è
37:07riportare medicinali e acqua ai feriti di questa città, pardon, e poi naturalmente riportare a
37:15casa la pelle. Enzo Baldoni cerca di andare a Najaf con un convoglio della Croce Rossa,
37:20assieme ad altri giornalisti, tra cui l'inviato del Tg1 Pino Scaccia, che documenta la giornata.
37:28Non è un viaggio facile, scoppia una granata sotto un camion della Croce Rossa e il convoglio
37:35viene bloccato alle porte di Najaf da una battaglia in corso. Per tornare indietro Enzo
37:40Baldoni fa strada al convoglio sventolando una bandiera bianca. Il convoglio si ripara
37:50nella moschea di Kufa, dove passa la notte, tranne l'auto del giornalista Pino Scaccia,
37:55che prosegue il viaggio. La mattina dopo, verso le sei e mezzo, il convoglio riparte,
38:02l'auto con Baldoni e Garebbe, il suo interprete e autista, davanti come apripista e il resto dei
38:08mezzi della Croce Rossa dietro. Poi all'improvviso c'è un'esplosione davanti all'auto di Garebbe
38:16Baldoni che comincia a girare in testa a coda e si ferma in una nuvola di polvere. Intanto,
38:25miliziani armati di un gruppo che si farà chiamare esercito islamico dell'Iraq,
38:29uccidono Garebbe e sequestrano Enzo Baldoni. Il sequestro dura pochi giorni ma non finisce
38:41bene. Il 26 agosto il network televisivo Al Jazeera riceve un video con l'esecuzione di
38:46Enzo Baldoni. Si tratta soltanto di un fotogramma ma è vero Enzo Baldoni è stato ucciso. I resti
38:56del suo corpo verranno ritrovati a pezzi nel deserto, riportati in Italia, riconosciuti
39:00col DNA e finalmente, dopo sei anni, avranno un funerale. A volte le cose vanno male,
39:08come nel caso di Enzo Baldoni e di Fabrizio Quattrocchi. O Salvatore Santoro che arriva
39:15in Iraq con una ONG inglese. Nel 2004 viene fermato da un posto di blocco di miliziani
39:20islamici nella zona di Ramadi, sequestrato e subito ucciso con l'accusa di lavorare per gli americani.
39:25A volte invece le cose vanno bene, perché è bravo Nicola Calipari e ha capito che spesso
39:41c'è un legame tra alcuni sequestratori e gli ambienti religiosi sunniti e così apre
39:46una linea di dialogo con gli ulema, le autorità religiose del luogo. Mi parlava di trattative,
39:52io seguivo attraverso i media, attraverso quello che in Italia si sapeva, a volte ponevo alcune
40:04domande, non sempre avevo risposte, o comunque non sempre risposte esaurienti. A volte mi diceva
40:14che la trattativa stava andando avanti, che proprio si fermava, a volte con una battuta,
40:20come al solito cercava di sminuire la tensione e diceva che meno male che sono calabrese,
40:25solo io posso capire un arabo, gli arabi come noi sono bizantini, ti dicono che devi capirli
40:34attraverso una serie di cose, non è sempre quello che dicono, quello che poi vogliono o non vogliono.
40:42Il 7 settembre del 2004 un gruppo di miliziani armati fa irruzione nella sede irachena di una
40:48ONG, un'organizzazione non governativa che si chiama Un Ponte Per e che si occupa di aiuti
40:53umanitari. I miliziani sequestrano due operatori iracheni e due operatrici italiane,
40:59Simona Torretta e Simona Pari, che tengono nascoste per quasi un mese.
41:10A seguire una trattativa lunga e complessa è il direttore della Croce Rossa Maurizio Scelli,
41:14ma dietro nell'ombra, come giusto, c'è Nicola Calipari, che il 29 settembre,
41:19con la mediazione degli Ulema, raggiunge un accordo con i sequestratori, ottenendo
41:23che le due Simone, come le ha chiamate la stampa italiana, vengano consegnate alla Croce Rossa.
41:28E alla fine Simona Torretta e Simona Pari vengono portate dalla Croce Rossa di corsa
41:34all'aeroporto di Bagdad, dove Nicola Calipari le attende con un aereo che le riporterà sane salve
41:40in Italia.
41:49E' sempre complicata la gestione di un sequestro, con imballo il rispetto delle regole, della legge,
41:53le indagini e soprattutto la vita del sequestrato. Lo è in Italia e lo è ancora di più all'estero,
41:59e soprattutto in zona di guerra. Nel caso invece di situazioni di guerra come l'Afghanistan,
42:05l'Iraq eccetera, il ruolo del servizio è immediatamente operativo, non si limita solo
42:12alla raccolta di informazioni su chi possa aver rapito il suo col nazionale e per quale motivo,
42:20ma cerca immediatamente di ottenerne la liberazione, o magari individuando la zona,
42:28il posto dove possa essere tenuto prigioniero e quindi magari organizzando un blitz, qualche
42:34volta è accaduto, oppure aprendo una trattativa. Questo è un punto però molto delicato, non sempre
42:43questo accade, non tutti i servizi segreti sono disposti a trattare per la liberazione di un
42:50proprio col nazionale. Di solito il servizio segreto del paese principale attore del conflitto,
42:58nel nostro caso gli Stati Uniti, non è disposto ad aprire una trattativa che ritiene possa
43:06indebolire politicamente e militarmente la propria posizione. Gli americani non hanno
43:11mai trattato per la liberazione dei propri cittadini sequestrati dagli insorti irachieni
43:18o afghani. L'Italia, si diceva negli anni settanta, ha una moglie americana e un amante araba.
43:24Tra la politica americana nei confronti del Medio Oriente e quella italiana non c'è mai
43:32stata una perfetta identità di vedute e gli americani hanno spesso accusato gli italiani
43:36di fare il doppio gioco, di trattare, di mediare, per evitare attentati e attacchi che per esempio
43:42nel periodo del terrorismo medio orientale in Italia sono raramente avvenuti. Ma questa è
43:51un'altra storia che abbiamo già raccontato. In Iraq Nicola Calipari fa il suo dovere e lo fa
44:00bene, tenendo la situazione sotto controllo e cercando di riportare a casa i sequestrati
44:04sani e salvi. Ma attenzione, siamo arrivati al gennaio del 2005 e quella strada che partiva
44:10dal centro di Roma, da Via Tomacelli, la sede del Manifesto, si sta avvicinando alla Route Irish.
44:16Nel gennaio del 2005 sono partita per Bagdad perché c'erano le elezioni e siccome avevo
44:24seguito tutte le vicende dalla guerra all'occupazione, volevo andare a vedere cosa succedeva in
44:31quell'occasione. Naturalmente pensavo di rimanere anche dopo le elezioni per poter
44:39vedere le reazioni della gente, della popolazione a quel voto. Giuliana Sgrene è una giornalista
44:47che sa fare bene il suo mestiere. Ci sono tante cose da raccontare nell'Iraq sconvolto
44:51dalla guerra e bisogna farlo anche se questo comporta rischi e pericoli. E questo il mestiere
44:56di un corrispondente di guerra. La situazione naturalmente alla vigilia delle elezioni non
45:01era per nulla tranquilla, tant'è vero che noi siamo arrivati con l'aereo sopra l'aeroporto
45:07di Bagdad, abbiamo dovuto rientrare per due volte a Amman perché c'erano scontri e non
45:13si poteva atterrare all'aeroporto, quindi non è che non avessimo la percezione delle
45:19difficoltà e dei pericoli, soprattutto in vista delle elezioni perché poteva succedere
45:25di tutto. Dopodiché la situazione si è un po' più normalizzata, se si può parlare
45:30di normalità in quella situazione. Ci sono tante cose da raccontare in Iraq, ma bisogna
45:35andare a cercare e bisogna saperlo fare. A Bagdad ci sono tre università e ce n'è
45:40una che si chiama Nahrain, l'università dei due fiumi, che è un grande campus con
45:44al centro una moschea. Là si sono raccolti molti profughi di fallugia che possono raccontare
45:52bene la situazione di quella zona calda, completamente isolata dopo l'ultimo attacco americano,
45:57per cui è là che bisogna andare per cercare di intervistarli. Anche se non è facile,
46:05anche se la gente è diffidente e non ha voglia di parlare.
46:07Io ho detto se volevano parlare con me, io avrei raccontato le loro storie, chi non voleva
46:13che non parlasse, ma subito sono stata circondata dalle donne, perché c'erano molte donne
46:19in quel campo che invece volevano parlare con me e quindi hanno cominciato a raccontarmi
46:24le loro storie, le loro fughe, le notizie che avevano avuto da lì, come erano scappate.
46:31Naturalmente prima di poter parlare con loro avevo dovuto chiedere il permesso allo sceicco,
46:36era lo sceicco della moschea che controllava tutto il campo, però io avevo chiesto anche
46:41di parlare con lui e all'inizio mi ha detto no, parliamo dopo, perché adesso ho da fare,
46:46devo preparare il sermone, era venerdì e quindi dovevo preparare la preghiera.
46:51Per parlare con qualcuno nella moschea bisogna avere il permesso dello sceicco e bisogna
46:55anche fermarsi a parlare con lui, ma ci vuole tempo e rimanere troppo a lungo là fuori
47:00così esposta può essere pericoloso.
47:10Giuliana Sgrena è sempre stata attenta e ha mantenuto le sue precauzioni, non fare
47:14mai lo stesso tragitto, non dire a nessuno dove si sta andando e non rimanere troppo
47:19a lungo nello stesso posto, ma non si può andare via subito dalla moschea, bisogna aspettare
47:24il permesso dello sceicco, se no è un'offesa.
47:31Finalmente lo sceicco congede alla giornalista, ma quando Giuliana fa per uscire dall'università
47:37trova una sorpresa, la guardiola all'ingresso è vuota e davanti ai blocchi di cemento che
47:42proteggono l'entrata ci sono alcune macchine che si sono messe di traverso bloccandola.
47:46Come ci siamo avvicinati a questi blocchi di cemento sono scese delle persone dalle
47:51macchine e sono venute verso la nostra macchina e l'autista, io ero al telefono perché stavo
47:59telefonando a dei colleghi con i quali avevo appuntamento a pranzo che stavano in albergo,
48:04quindi mi ero un attimo distratta, ma l'autista evidentemente si è subito reso conto di quello
48:09che stava succedendo, è sceso dalla macchina urlando e cercando di scappare e a quel punto
48:15io ho visto un uomo che lo mirava con una rivoltella, l'interprete cercava di bloccare
48:25le chiusure della macchina, ma naturalmente sono arrivati questi, peraltro quello che
48:30mi ha preso a me ha aperto immediatamente la portiera, mi ha preso e mi ha sollevato
48:35di peso praticamente per portarmi via, per portarmi su un'altra macchina. Sono stata
48:40messa tra due sequestratori e altri due, c'era l'autista e un altro erano davanti e sono
48:47stata portata via, naturalmente ero molto spaventata e ho chiesto cosa volevano da me,
48:56uno che era seduto vicino a me mi diceva guarda tu devi solo registrare un video per chiedere
49:02a Berlusconi di ritirare le truppe e poi ti lasciamo libera, capirete se questo poteva
49:10tranquillizzarmi.
49:12Giuliana Sgrena viene portata via, l'auto compie un tragitto di una ventina di minuti,
49:16arriva alla periferia di Bagdada e si ferma davanti a una villetta schiera. Per tutto
49:20il tragitto la giornalista non è stata bendata, segno che i sequestratori si muovono in completa
49:25sicurezza in una zona che controllano totalmente. Nella villetta Giuliana viene rinchiusa in
49:30un piccolo appartamento al primo piano, sorvegliata da due guardiani.
49:34Io avevo immaginato che questo potesse succedere, perché se sei in Iraq dove già c'erano
49:41stati diversi rapimenti e proprio quella mattina prima di uscire dall'albergo avevo sentito
49:47alla radio e dicevano un mese fa è stata rapita Florence Aubénat, la giornalista francese
49:54e peraltro io conoscevo da prima e non avevo pensato che però quel giorno potesse essere
50:02il mio giorno.
50:044 febbraio 2005, mezzogiorno, ora italiana.
50:12Giuliana Sgrena è stata trascinata fuori dalla macchina.
50:21Quando è stata trascinata fuori dalla macchina Giuliana Sgrena stava telefonando ad alcuni
50:25colleghi che hanno potuto sentire in tempo reale quello che stava accadendo, le voci,
50:29le urla, la collutazione, il telefono che cade a terra e continua a trasmettere. In
50:34questo modo la notizia del suo rapimento viene data in tempo reale.
50:42Arriva subito anche in Italia naturalmente, alla sua famiglia, al compagno Piescolari,
50:48alla sede del giornale per cui Giuliana lavora e che l'ha mandata in Iraq e al Sismi,
50:53a Nicola Calipari che dovrà darsi da fare per riportarla a casa sana e salva.
50:57Per testimoniare la situazione di questo popolo che muore ogni giorno, migliaia di persone
51:02sono in prigione, bambini, vecchi, le donne sono violentate e la gente muore ovunque,
51:09per strada, non ha più niente da mangiare, non ha più elettricità, non ha acqua. Mi
51:15prego mettete fine all'occupazione, lo chiedo al governo italiano, lo chiedo al popolo italiano
51:21perché faccia pressione sul governo, lo chiedo a tutti quelli che hanno lottato con me contro
51:35la guerra, contro l'occupazione, mi prego aiutatemi, questo popolo non deve più soffrire così.
51:41Ritiratevi dall'Iraq, nessuno deve più venire in Iraq perché tutti gli stranieri, tutti
51:46gli italiani qui sono considerati nemici, per favore fate qualcosa per me.

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