Fra luglio e ottobre del 1954, da un soggetto di Ennio Flaiano e Alberto Moravia, Mario Soldati gira in esterni fra le Valli di Comacchio e la Bassa Padana, il suo primo film a colori “La donna del fiume”. Il film è fortemente voluto da Carlo Ponti, già compagno di Sofia Loren, che vuole lanciarla anche sul mercato cinematografico internazionale. Ponti interviene pesantemente sulla storia e chiama a raccolta un pool di sceneggiatori del calibro di Bassani, Flaiano, Moravia, Pasolini, Vancini oltre allo stesso Soldati. Lo scopo è quello di produrre un “neorealismo da esportazione” che presenti un melodramma simile a “Riso Amaro” film di De Sanctis del 1949, che portò alla notorietà Silvana Mangano.
Il risultato è esteticamente apprezzabile anche se discontinuo fra una prima parte del film sentimentale e sensuale, costruita sul corpo della Loren e sul ‘mambo’ che lei stessa balla e canticchia, ed una seconda parte melodrammatica e cupa, incentrata sul tema colpa/pentimento. La fotografia e’ veramente incisiva, a tratti documentaristica e oleografica, ma ancora oggi piacevole, opera del bravo Otello Martelli. Da ricordare anche l’uso del dialetto nella seconda parte, probabilmente legata al contributo di Pierpaolo Pasolini, ma anche all’interesse che lo stesso Soldati aveva per quelle aree troppo spesso dimenticate dalla cultura del tempo. La coppia Rik Battaglia – Sophia Loren conduce in pratica l’intera narrazione del film ma la psicologia dei loro personaggi (la bella Nives e il suo amante fuggiasco Gino) rimane come abbozzata e incompiuta. “Ma nonostante questo il film consegna – assieme alla diva Loren – un personaggio bello e moderno, figlio dell’Italia popolare e contadina e consapevole del proprio potere femminile. Un’immagine “positiva” di forza e fertilità la cui “morale” non sta nelle preghiere che accompagnano il funerale finale ma nell’allegria di un motivetto del Quartetto Cetra: «Non ti fidar, di un bacio a mezzanotte...», cantano le donne al lavoro coi piedi a mollo, che al ritmo di quella musica e al senso spicciolo di quelle parole affidano la cura del dolore e la celebrazione della gioia, legate a doppio filo ai capricci del loro fiume. [Luca Malavasi, “Monografia su Mario Soldati”, Milano, 2004, p. 135].
Buona visione! (FP)
Il risultato è esteticamente apprezzabile anche se discontinuo fra una prima parte del film sentimentale e sensuale, costruita sul corpo della Loren e sul ‘mambo’ che lei stessa balla e canticchia, ed una seconda parte melodrammatica e cupa, incentrata sul tema colpa/pentimento. La fotografia e’ veramente incisiva, a tratti documentaristica e oleografica, ma ancora oggi piacevole, opera del bravo Otello Martelli. Da ricordare anche l’uso del dialetto nella seconda parte, probabilmente legata al contributo di Pierpaolo Pasolini, ma anche all’interesse che lo stesso Soldati aveva per quelle aree troppo spesso dimenticate dalla cultura del tempo. La coppia Rik Battaglia – Sophia Loren conduce in pratica l’intera narrazione del film ma la psicologia dei loro personaggi (la bella Nives e il suo amante fuggiasco Gino) rimane come abbozzata e incompiuta. “Ma nonostante questo il film consegna – assieme alla diva Loren – un personaggio bello e moderno, figlio dell’Italia popolare e contadina e consapevole del proprio potere femminile. Un’immagine “positiva” di forza e fertilità la cui “morale” non sta nelle preghiere che accompagnano il funerale finale ma nell’allegria di un motivetto del Quartetto Cetra: «Non ti fidar, di un bacio a mezzanotte...», cantano le donne al lavoro coi piedi a mollo, che al ritmo di quella musica e al senso spicciolo di quelle parole affidano la cura del dolore e la celebrazione della gioia, legate a doppio filo ai capricci del loro fiume. [Luca Malavasi, “Monografia su Mario Soldati”, Milano, 2004, p. 135].
Buona visione! (FP)
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Short film