ll Marchese del Grillo, un film del 1981 diretto da Mario Monicelli, con Alberto Sordi. Accanto ad Alberto Sordi sono da ricordare inoltre le interpretazioni di un grande attore teatrale come Paolo Stoppa nelle vesti di papa Pio VII, di Riccardo Billi nel ruolo di Aronne Piperno, di Flavio Bucci nei panni di Don Bastiano, prete ribelle e brigante; da segnalare inoltre Camillo Milli nel ruolo di cardinale nonché diretto consigliere del Pontefice. Nella Roma papalina del 1809 il marchese Onofrio del Grillo, nobile romano alla corte di Papa Pio VII, trascorre le sue giornate nell’ozio più completo, frequentando bettole e osterie, coltivando relazioni amorose clandestine con popolane e tenendo un atteggiamento ribelle agli occhi di sua madre e della parentela conservatrice, bigotta e autoritaria. Il suo principale passatempo, che lo rende famoso in tutta la città, è costituito da innumerevoli scherzi e beffe dei quali risulta spesso vittima la sua aristocratica famiglia, composta da personaggi stravaganti e chiusi al mondo esterno. Il ricco nobile proprietario terriero è in grado sempre di uscire con umorismo e in maniera rocambolesca dalle tante e impensabili situazioni durante tutta la commedia, sfruttando senza vergogna anche le conoscenze dell’alta borghesia spesso compiacente (ne è l’esempio la scena del tribunale con la condanna alla gogna dell’ebanista ebreo Aronne Piperno).
Un incontro casuale con un povero carbonaio alcolizzato, Gasperino, suo perfetto sosia, ispira il nobile a coronare il suo repertorio burlesco. In varie situazioni egli arriva a coinvolgere il Pontefice in nome di una giustizia e di un rinnovamento sempre invocati ma che mai riescono seriamente ad impensierire l’audace e brillante “Sor Marchese”: nel finale infatti, dopo una finta condanna alla ghigliottina inflittagli da Pio VII, viene graziato da quest’ultimo, che gli concede di riprendere il suo posto tra i Sediari pontifici.
Un incontro casuale con un povero carbonaio alcolizzato, Gasperino, suo perfetto sosia, ispira il nobile a coronare il suo repertorio burlesco. In varie situazioni egli arriva a coinvolgere il Pontefice in nome di una giustizia e di un rinnovamento sempre invocati ma che mai riescono seriamente ad impensierire l’audace e brillante “Sor Marchese”: nel finale infatti, dopo una finta condanna alla ghigliottina inflittagli da Pio VII, viene graziato da quest’ultimo, che gli concede di riprendere il suo posto tra i Sediari pontifici.
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