https://www.pupia.tv - «Quando chi prendiamo il caffé?»: dopo un silenzio durato per tutto il lockdown è tornata a presentare le sue richieste via WhatsApp nel cuore della notte, Annunziata Cafiero, moglie di Nicola Esposito, detto «ò mostr», quest'ultimo reggente del clan Cesarano, detenuto al 41bis, erede e braccio destro del boss Ferdinando Cesarano per il quale organizzò la sua celebre fuga dall'aula bunker di Salerno.
Il clan Cesarano, fino al 2014, anno dell'arresto, era nelle sue mani. Poi passò in quelle di Luigi Di Martino, detto «il profeta», anch'egli arrestato di recente dai finanzieri che con gli ultimi quattro blitz hanno messo in ginocchio un pericoloso clan di camorra del Napoletano. Con quel messaggio, risalente a maggio scorso, dopo un silenzio iniziato a gennaio, la Cafiero si è rifatta sentire per pretendere la «sua» quota di interessi per quel prestito da 550mila euro risalente al 2011: la pandemia ha fiaccato le sue finanze, come anche quelle della sua vittima, una imprenditrice di Castellammare di Stabia (Napoli) che a causa di interessi usurai, pari al 120%, ha pagato alla camorra 60mila euro all'anno, solo di interessi, per ben nove anni.
L'indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, coordinata dalla Dda di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Rosa Volpe) ha evidenziato, per la prima volta, gli effetti deleteri della pandemia da covid-19 non solo sull'imprenditoria e il commercio locale, ma anche sulle organizzazioni criminali che, incattivite per la mancanza di denaro, hanno cominciato ad essere sempre più pressanti e violente con le loro vittime. Dopo tre mesi di lockdown l'usuraio non ne poteva più, doveva recuperare denaro, e dalle pressioni e dalle minacce è passato alle percosse, mandando l'imprenditrice all'ospedale con un trauma cranico. Un passo falso costato caro visto che a questo punto la vittima, consapevole di non poter più pagare quella tangente dopo tre mesi di stop per il bar e il ristorante, ha deciso di rivolgersi agli investigatori facendo emergere un crimine che andava avanti da nove anni.
Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito tra Pompei e Castellammare di Stabia un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta e coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 3 persone, indagate per usura, estorsione e lesioni personali aggravati dal metodo mafioso. La misura è scattata al termine di un'indagine condotta dai finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, partita da alcune operazioni finanziarie anomale e dalle denunce di una famiglia di imprenditori stabiesi operanti nel campo del turismo e della ristorazione, che non riuscivano più a far fronte alle pretese degli usurai, in particolare ora con la crisi economica dettata dall'emergenza sanitaria. (14.08.20)
Il clan Cesarano, fino al 2014, anno dell'arresto, era nelle sue mani. Poi passò in quelle di Luigi Di Martino, detto «il profeta», anch'egli arrestato di recente dai finanzieri che con gli ultimi quattro blitz hanno messo in ginocchio un pericoloso clan di camorra del Napoletano. Con quel messaggio, risalente a maggio scorso, dopo un silenzio iniziato a gennaio, la Cafiero si è rifatta sentire per pretendere la «sua» quota di interessi per quel prestito da 550mila euro risalente al 2011: la pandemia ha fiaccato le sue finanze, come anche quelle della sua vittima, una imprenditrice di Castellammare di Stabia (Napoli) che a causa di interessi usurai, pari al 120%, ha pagato alla camorra 60mila euro all'anno, solo di interessi, per ben nove anni.
L'indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, coordinata dalla Dda di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Rosa Volpe) ha evidenziato, per la prima volta, gli effetti deleteri della pandemia da covid-19 non solo sull'imprenditoria e il commercio locale, ma anche sulle organizzazioni criminali che, incattivite per la mancanza di denaro, hanno cominciato ad essere sempre più pressanti e violente con le loro vittime. Dopo tre mesi di lockdown l'usuraio non ne poteva più, doveva recuperare denaro, e dalle pressioni e dalle minacce è passato alle percosse, mandando l'imprenditrice all'ospedale con un trauma cranico. Un passo falso costato caro visto che a questo punto la vittima, consapevole di non poter più pagare quella tangente dopo tre mesi di stop per il bar e il ristorante, ha deciso di rivolgersi agli investigatori facendo emergere un crimine che andava avanti da nove anni.
Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito tra Pompei e Castellammare di Stabia un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta e coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 3 persone, indagate per usura, estorsione e lesioni personali aggravati dal metodo mafioso. La misura è scattata al termine di un'indagine condotta dai finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, partita da alcune operazioni finanziarie anomale e dalle denunce di una famiglia di imprenditori stabiesi operanti nel campo del turismo e della ristorazione, che non riuscivano più a far fronte alle pretese degli usurai, in particolare ora con la crisi economica dettata dall'emergenza sanitaria. (14.08.20)
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