• 9 anni fa
Nella piana di Scarlino, in provincia di Grosseto, ci sono impressionanti discariche a cielo aperto. A cominciare dal cosiddetto «panettone», una discarica ormai «perennemente provvisoria», come la definiscono gli ambientalisti, che la osservano da una ventina di anni. Si tratta di una collina di ceneri di pirite, le stesse portate nella miniera di Campiano che è ancora maestosa ma che in realtà ormai è di dimensioni ridotte rispetto al passato perché le ceneri oltre che nella miniera, sono state portate nei campi per formare strade e argini dei fiumi e secondo quanto si legge in un documento dell’Ispra che rileva una serie di inadempienze nel trattamento di quei rifiuti e delle scorie. «Gli ispettori dell’Ispra, scrivono che le ceneri sono state cedute ad alcuni cementifici italiani – spiega Roberto Barocci, del Forum ambientalista - e hanno segnalato le inadempienze alla procura della Repubblica. Anche noi del Forum abbiamo fatto un esposto ai carabinieri del Noe perché crediamo sia preoccupante che questo materiale che ha già inquinato tutta la nostra area, viaggi in giro per l’Italia e magari venga utilizzato senza alcun trattamento». Sulla questione arsenico fanno battaglia anche i medici per l’ambiente. Il referente di zona Ugo Corrieri sta raccogliendo dati perché «la situazione è preoccupante essendo l’arsenico un cancerogeno certo». Renzo Fedi responsabile della Coldiretti di Follonica guarda malinconico la piana di Scarlino: «Prima qui c’erano delle aziende agricole che facevano prodotti di eccellenza. Ora le aziende che producono biossido di titanio e acido solforico nonché l’inceneritore nato sui forni che arrostivano ceneri di pirite stanno mettendo a serio rischio lo sviluppo del territorio. Vi porto nella mia azienda agricola e vi faccio vedere qual è la più grande area di discariche della Toscana». Entriamo nella fattoria e Renzo ci mostra subito dei canali realizzati con le ceneri di pirite: «Questi canali finiscono in mare e quindi in mare finiscono anche le scorie e le sostanze nocive contenute in questo materiale pericoloso. Ce n’è uno che tutti chiamano il canale della morte perché alla foce muoiono tutti i pesci. Se ti guardi intorno puoi vedere che le strade sono agglomerati di ceneri di pirite». In effetti basta scostare un po’ il terreno per veder spuntare le scorie. «Questa area sarebbe stata bonificata – spiega Barocci – in realtà è tutto finto perché non hanno fatto altro che buttarci sopra del terreno». Pochi metri più avanti il paesaggio cambia: sembra di essere sul set di Star Trek. Colline di giallo intenso, scolpite dal vento, si estendono per circa 150 ettari. «Sono scorie titanifere inertizzate che un tempo venivano gettate in mare tra l’isola d’Elba e la Corsica. Da quando l’Unione Europea ha messo fine a questa vergognosa pratica nel Mediterraneo, le scorie vengono stoccate qui». Ci spostiamo all’interno dell’azienda di Fedi che ci mostra alcuni pozzi: «Quest’area è ricca di acqua solo che a me dagli anni novanta, sono stati sequestrati alcuni pozzi perché stato trovato mercurio in quantità assurde. C’era talmente tanto mercurio che i pozzi bollivano. L’origine della contaminazione a me sembra chiara e anche il Cnr azzardò che potesse derivare dalla situazione di inquinamento industriale della zona ma in realtà non ci sono ancora certezze. Noi agricoltori cerchiamo comunque di fare un buon lavoro ma pretendiamo che questo territorio venga tutelato. Che ci sia attenzione, che non si metta la testa sotto la sabbia perché la situazione, ora forse recuperabile, potrebbe diventare irrimediabile. Non vogliamo consegnare ai nostri figli un territorio devastato. Non chiediamo un risarcimento per i tanti danno subiti ma vogliamo che vengano fatte seriamente le bonifiche».

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