Caballero, Carmencita, Pippo & Co in mostra: Armando Testa a Ca' Pesaro Venezia

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Sotto il pubblicitario, l'artista. Vero. Continua fino al 15 settembre 2024, la grande mostra monografica che ricostruisce la carriera di Armando Testa. Nei saloni di Ca' Pesaro a Venezia, sono protagoniste le più celebri delle sue creazioni pubblicitarie. L'effetto, visitando la mostra, è quello di sentirsi immersi nella forza creativa del suo lavoro d'artista. Artista, con il senno di poi, spesso in anticipo sui tempi. Ca' Pesaro Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Venezia apre le sue grandi sale all'ippopotamo Pippo e ai manifesti che hanno fatto la storia del costume popolare. Ma pure a grandi murales e fotografie ossessive. A curare l'esposizione, anche la moglie Gemma De Angelis Testa.
«Nonostante abbia seguito tutte le mostre di mio marito - ha detto ad askanews - ogni volta è un'emozione fortissima. Questa in maniera particolare perché ci ha lavorato anche un curatore straniero, inglese, un direttore di un museo, che comunque ha portato qualche cosa che non c'era forse nelle altre mostre. Una leggerezza, una freschezza, tantissime cose. Trovo che la mostra sia molto commovente. C'è lui, ma c'è lui oggi».

Alla curatela ha lavorato anche Tim Marlow, direttore del Design Museum di Londra. «È il genio di Testa - ci ha detto - può prendere qualcosa e farne un punto molto specifico. Ma ha anche una risonanza universale. È un'intelligenza visiva, una poesia visiva. Lui inizia a fare l'artista da graphic designer e le due cose sono molto collegate». La sensazione più forte, pur a fronte delle icone storiche entrate nell'immaginario collettivo, è che la mostra trasporti lo spettatore non nel passato, ma in un presente che guarda anche al futuro. Dal punto di vista della pratica, così come della consapevolezza sociale del lavoro creativo.

Elisabetta Barisoni, direttrice di Ca' Pesaro: «Assolutamente Armando Testa ha anticipato l'idea che non ci sia una soluzione di continuità tra le discipline. Per noi, intendo noi dalla generazione mia in poi, è abbastanza scontato. Per questo Armando Testa piace tantissimo anche ai giovani, che non lo hanno vissuto in televisione, non hanno vissuto nelle pubblicità, nei jingle, nei manifesti. Veramente ha portato a un'altra dignità l'idea del creativo, del grafico, del pubblicitario».
«Non si sentiva un pubblicitario - chiosa Marlow - e si poteva permettere il lusso dell'ambiguità. Con l'ambiguità giocava con l'arte, ma ha sempre giocato anche con la pubblicità». E il gioco funziona, è accattivante e strano, alcune sale sono rassicuranti, altre mettono più a disagio. E in questo intreccio di ambiguità, appunto, la mostra veneziana diventa interessante e viva.

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