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Ravello (Salerno), 19 ago. (askanews) - Un festival adagiato sulla Costiera Amalfitana trionfo di verde, roccia e luce, a strapiombo su un mare che non potrebbe essere più blu. Ravello vuol dire musica, meta per tutti i più importanti direttori d'orchestra. Perla incastonata in quello che l'Unesco considera "Patrimonio mondiale dell'Umanità" - la Costiera appunto - perché rappresenta "uno straordinario esempio di paesaggio mediterraneo"."La cultura e la musica sono le migliori soluzioni che abbiamo". In questa topografia drammatica e sublime, tra i terrazzamenti e i limoni, quest'anno il festival ha accolto George Pehlivanian, presso l'Auditorium Oscar Niemeyer. Pehlivanian è bacchetta talentuosa, fortemente riconosciuto a livello internazionale ed emotivamente legato al mondo dell'opera fin dalla prima infanzia attraverso la madre, soprano."La musica - dice il maestro - è una lingua internazionale. Non abbiamo bisogno di parlare. C'è solo una lingua che è la musica. E questa musica ci serve per dare l'amore al nostro mondo. Io penso che sia la nostra responsabilità, responsabilità come leader, direttore dell'orchestra, pianista, violinista".In un mondo complesso e complicato, il maestro per il suo concerto a Ravello che ha visto impegnata la Slovenian POA Festival Orchestra e come solista il giovane ma ineccepibile violino di Andrea Cicalese, ha scelto un tema italiano: l'Italian Serenade di Hugo Wolf e la Quarta Sinfonia di Mendelssohn."Noi abbiamo bisogno di dare un futuro al mondo. Non c'è un'altra soluzione che fare dei concerti con bellezza, saggezza e un fuoco, un fuoco giusto", chiosa Pehlivanian.Ravello, terra di bellezza, di un Sud orgoglioso. Dagli afflati arabo normanni di Villa Rufolo alla presenza di Wagner che qui si immagina il suo giardino di Klingsor. Come ci spiega il direttore generale della Fondazione Ravello (Ravello Festival) Maurizio Pietrantonio la natura stessa della città e della regione Campania storicamente accoglie etnie di ogni parte del mondo integrandole, fondendole. Ma anche italiani, che emigrati all'estero, tornano qua e il famoso concerto dell'alba è come il coronamento di un sogno."Ci sono persone che avendo trascorso la gran parte della loro vita, magari all'estero, ma originari di qui, ci scrivono: vogliono tornare, vogliono assistere a questo evento, che li riconcilia con la città con i loro luoghi di origine e quant'altro", racconta Pietrantonio.E per chi crede nella musica e nella bellezza, i sogni si realizzano. "Quest'anno - continua - si è fatto uno sforzo particolare per una serie di situazioni che insomma andavano in una direzioneun po' in salita per fare il festival, ma la regione Campania ci ha sostenuti come anche in quota parte il Ministero della Cultura. Insomma, alla fine il festival si fa, si fa sempre, la continuità dei 72 anni è quasi una rarità in Italia".Una ragione in più per augurare al Ravello Festival lunga vita.Servizio di Cristina GiulianoMontaggio Linda VerzaniImmagini: Ravello Festival, askanews

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