(teresa cioffi) «Nel mio zaino non ci sono solo ordini. C’è anche un pezzo di carta straccia, una matita e un po’ di argilla». Claudio si alza dal letto, si veste, apre la finestra, si fa un caffè. Tra qualche ora inizierà ad attraversare Torino in bicicletta, in una continua corsa contro le distanze e contro il tempo. Fa il rider per sopravvivere, la sua natura è un’altra: è uno scultore. La sua storia è stata raccontata nel cortometraggio Radio Rider dove il bianco e nero delle strade, delle consegne, dei chilometri percorsi sulle due ruote viene spezzato dal colore quando Claudio posa lo zaino e comincia a dare forma all’argilla.Dietro la macchina da presa c’è un collega di Claudio. Si chiama Moein Asadi, rider e regista. È nato a Nishapur, Iran, dove ha studiato cinema al liceo e all’università. Poi è arrivato il 2009 con le elezioni presidenziali, il movimento verde, la repressione, l’instabilità e la decisione di lasciare il suo Paese. Ha scelto di trasferirsi a Roma, dove ha frequentato il Dams. Fotografo e regista, ha vissuto un periodo a Berlino, poi è tornato in Italia ma con la pandemia ha dovuto reinventarsi. Si è spostato a Torino, dove ha iniziato a lavorare come rider. «Ho conosciuto molte persone che hanno scelto di pedalare come lavoro momentaneo e poi si sono ritrovate incastrate in questa realtà – spiega –. È ciò che è successo sia a me che a Claudio ed è come se vivessimo contemporaneamente due vite. Lui ha 27 anni e si divide tra la strada e il suo studio. Mentre pedala si chiede se la scultura lo potrà mai salvare dalle consegne».
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NovitàTrascrizione
00:00Perchè è importante parlare di Rider?
00:05Lo zaino per me non è solo un mezzo per portare gli orti,
00:08ma è anche un blocco quadrato poco flessibile che porto sulle spalle.
00:17Allora, in cosa vuol dire fai Rider?
00:19Tecnica.
00:30Sottotitoli e revisione a cura di QTSS