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Dopo il folklore del Festino sono stati migliaia i fedeli che dopo la Santa Messa in Cattedrale hanno seguito la processione dietro le reliquie della Santuzza per la prima volta trainate dall’arcivescovo Corrado Lorefice. Alle 19 l’arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, è uscito dal palazzo arcivescovile seguito da tutte le congregazioni e dai fedeli, che in preghiera hanno attraversato il cassaro: «Tutta Palermo è qui», ha detto Lorefice, «perché chiamati dalla Santuzza. Si sa, chi ama chiama e lei ci ama e chi ha chiamati in sogno».

L'arcivescovo Corrado parla da piazza Marina, stazione ultima della processione così come vuole tradizione dal 13 febbraio 1625, «quando le due spoglie sono state portate in giro per la città - ricorda l’arcivescovo - al canto del Te Deum laudamus». La processione, come sempre, è stata partecipata anche dalle alte autorità, dal sindaco Roberto Lagalla e la sua giunta, dal prefetto Maria Teresa Cucinotta, e dai consiglieri comunali.
E proprio a loro si rivolge Lorefice: «E parlo anche a voi, che siete chiamati al governo della Città, Servitori delle Istituzioni locali, regionali e nazionali. Anche voi lo sapete. Chi governa deve essere presente. Non nel senso dell’occupazione degli spazi, ma nel senso del servire e della prossimità - dice -. Essere presenti ovvero essere vicini, disponibili all’ascolto e pronti all’aiuto. Là dove manca la presenza delle Istituzioni dello Stato prolifera non solo la miseria economica, ma innanzitutto la miseria morale. Ci commuove il messaggio che Fabrizio Lupo e Filippo Sapienza hanno raccolto da Fratel Biagio per la realizzazione di un carro umile e sostenibile: «Mettete la Santuzza in basso, perché lei vuole stare accanto alla gente».

La nostra Santa Rosalia vuole ancora farsi trovare, lasciarsi raggiungere, per essere presente nella vita del suo popolo». Le parole scivolano tra devoti di Rosalia, mai stanchi di rivolgerle una preghiera, e anche a loro si rivolge l’arcivescovo, ricordando che «per stare assieme ci vuole la forza della durata. Bisogna vivere nella gioia i momenti di luce e reggere il tempo della tristezza e del pianto - sottolinea Lorefice -. Saper vivere l’incanto dell’altro e saperne attraversare il disincanto. Gioire della bellezza e rispettare la fatica. Questo significa volersi bene. Amare è restare dentro una storia e farla propria fino alla fine. E questo non è sacrificio sterile, ma via ultima di una vita vera, di una felicità duratura. Non facciamoci rubare da nessuno l’esaltante travaglio dell’amore fedele». A prendere la parola a margine della processione anche il sindaco: «Una cerimonia liturgica che contribuisce alla riflessione laica del festino - ha detto - con la curia si lavora insieme, perché solo insieme si salva la città».

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