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Presentata a Trieste il 17 maggio 1972, l'Alfetta fu senza dubbio una delle Alfa Romeo più innovative del dopoguerra. Essa infatti, pur rispondendo a tutti i canoni tipici del marchio, rappresentava un deciso passo avanti rispetto ai modelli precedenti. La sua linea, che avrebbe ispirato a lungo l'evoluzione di gamma, segnò un punto di rottura con il precedente stile Alfa Romeo. Rimase sul mercato fino al 1984 quando venne sostituita dalla 90.
La linea dell'Alfetta è squadrata, scevra da venature e pieghe, moderna per l'epoca ma classicizzata dal frontale tipicamente Alfa Romeo con i doppi fari tondi in cornici cromate e lo scudetto in posizione centrale. Guardavano alla tradizione i paraurti a lama in acciaio inossidabile, le tre barre cromate sulla calandra e le maniglie delle portiere. Così se la parte anteriore era bassa, raccolta e relativamente slanciata la parte posteriore presentava la novità più evidente: la coda alta che oltre a garantire vantaggi sul piano aerodinamico offriva una capacità di carico quasi da record per la categoria.
All'interno non ci si era discostati dalla tradizionale formula Alfa Romeo. La plancia con il monogramma “Alfetta” in corsivo e gli inserti tipo legno era completata da un quadro strumenti molto fornito e soprattutto ben leggibile che comprendeva oltre al tachimetro e al contagiri gli indicatori di livello carburante, temperatura acqua e pressione lubrificante oltre a una completa dotazione di spie. Il posto guida, ben realizzato, favoriva la guida a braccia distese e prevedeva anche la regolazione in altezza del volante. L'abitacolo era nel complesso accogliente e spazioso; l'assenza del cambio all'uscita del motore infatti aveva permesso di snellire abbastanza la parte anteriore del tunnel centrale tanto da dare una notevole sensazione di spazio ai posti anteriori. Quelli posteriori pur disponendo invece di molto spazio in senso longitudinale erano inficiati dall'ingombrante presenza del cambio posteriore che aveva costretto i progettisti dell'Alfa Romeo a gonfiare il tunnel centrale tanto da compromettere il comfort del passeggero posteriore seduto al centro.
Il portabagagli seppur di generose dimensioni non era sfruttabile a pieno per via della soglia di carico molto alta che poteva costringere a fastidiosi sollevamenti e tendeva ad aumentare il pericolo di danneggiare la carrozzeria negli usi più intensi. Sotto il piano di carico trovavano posto la ruota di scorta e il serbatoio carburante di 50 litri. L'ampia vetratura garantiva una buona visuale in ogni direzione e solo in retromarcia la coda spiovente necessitava di una buona dose di pratica prima di poterne valutare correttamente l'ingombro.Nel 1975, in piena crisi petrolifera, venne presentata la versione semplificata dell'Alfetta, che come prevedibile montava un motore con cilindrata ridotta a 1570 cm³ e potenza di 109 CV (secondo norme DGM).

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