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Nella clip le vediamo ballare, complici e con il sorriso sulle labbra. Ma il rapporto che lega le due donne protagoniste di Goodbye Julia è complesso e drammatico. E conosce dinamiche che affondano nella memoria collettiva di un Paese, il Sudan, dilaniato - ancora oggi - dal razzismo e dalla guerra civile. Scritto e diretto da Mohamed Kordofani, è un'opera prima, ed è anche la prima pellicola sudanese mai presentata al Festival di Cannes: è successo nel 2024, nella sezione Un Certain Regard, dove il film è stato premiato con il Premio Libertà. Al cinema dal 24 ottobre, il film ha il patrocinio di Amnesty International.

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Goodbye Julia, la trama del film sudanese
Siamo negli anni precedenti alla secessione del Sudan del Sud, dopo un conflitto decennale per l'indenza, e a cui scoppierà lo scoppio di una nuova guerra civile.

Mouna, donna benestante di Karthoum, vive una vita agiata dopo aver abbandonato la carriera di cantante per volere del marito Akram. Julia è invece cristiana e vende pane per strada, aiutando come può il marito Santino e il figlioletto Daniel. Le loro figure raccontano un paese spaccato tra nord e sud, tra religioni diverse, e segnato da stridenti disuguaglianze economiche.

Ma le loro vite, così distanti si intrecciano, per caso o per destino. Mouna provoca infatti involontariamente la morte del marito di Julia e, distrutta dal senso di colpa, assume la donna come domestica per aiutarla economicamente e redimere così il proprio peccato.

Attraverso la vita quotidiana, solo apparentemente normale, delle due donne, scorre la storia di un popolo: la narrazione stessa è ispirata alle fasi della riconciliazione e mette in scena temi come il rimorso, la compensazione, la rivelazione, la confessione di colpa e il pentimento per essa.
Nella vicenda di Julia e Mouna, la storia del Sud Sudan
Del valore quasi catartico del film ha parlato, riferendosi alla propria vita, il regista. «Scrivere questo film è stato per me parte di uno sforzo continuo per sbarazzarmi di un razzismo ereditato. Motivato da un senso di colpa, da un desiderio di riconciliazione e da un appello a farlo tutti, anche se ora potrebbe sembrare tardi».

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Il razzismo di cui parla Kordofani è quello praticato per molti decenni dalla maggior parte degli arabi del Nord del Sudan, governo e popolo. Ed è uno dei motivi per cui il Sud, tramite un referendum passato con il 98,83% dei voti, nel 2011 ha scelto la secessione. «Mi sono reso conto, allora, che in qualche modo anch’io ero responsabile di quella decisione. Per tutta la mia vita, a Khartoum non avevo mai conosciuto nessuno del Sud tranne alcune collaboratrici domestiche, come se avessimo praticato l'apartheid sociale».

La guerra in Sudan non si è chiusa con l'indipendenza del Sud, anzi: il conflitto è riesploso, internamente tra le fazioni indipendentiste. Dopo la deposizione del dittatore Omar al-Bashir le speranze in un futuro di diritti e democrazia hanno ceduto quasi immediatamente il passo ad antiche divisioni.

Ma in questo film c'è più di un germe di speranza. La solidarietà femminile è infatti non solo la prova che una riconciliazione è possibile ma è anche uno spazio di libertà individuale in una società profondamente patriarcale.
Le anteprime di Goodbye Julia
Il film sarà presentato in anteprima questa sera a Milano (alle 19 all’Anteo e alle 21 al Palestrina), domani a Sestri Levante (alle 20.45 al cinema Ariston) e giovedì 24 a Roma (alle 19.30 al cinema Barberini). Saranno presenti, oltre alle attrici, anche rappresentanti di Amnesty International Italia, che ha dato il patrocinio all’opera.

 

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